Una "vendetta" contro Matteo Renzi, nonostante sia stato proprio l'ex premier a dare il La a questo governo. È quello che sospettano proprio i fedelissimi dell'ex sottosegretario.
"Che una regione come la Toscana non abbia un suo rappresentante al governo, è assurdo", si lamentava già stamattina un big all'agenzia Adnkronos, "È stato fatto per leggerezza, stupidità? O per punire qualcuno ovvero Matteo Renzi? Delle due l'una e non sappiamo quale delle due motivazioni sia peggiore...". E spiega come effettivamente dalla corrente (la più numerosa tra i parlamentari dem) sia stato chiesto di portare al governo "un toscano, anche della maggioranza". "Avevamo posto il problema e dal Nazareno ci hanno garantito che ci sarebbe stata una soluzione", spiega ancora la stessa fonte, "E invece vediamo solo un rancore assurdo e stupidità perché in Toscana, va ricordato, tra qualche mese si vota...".
Poi lo sfogo è uscito dall'anonimato e da Francesco Bonifazi a Dario Nardella, la rivolta è ormai palese. E l'accusa è sempre la stessa: una "purga Renzi" che ha colpito tutti gli esponenti toscani, nonostante sia una delle poche Regioni ancora saldamente in mano al Pd. "Qualcuno a livello nazionale dovrà spiegare ai tanti militanti ed elettori toscani il motivo, ad oggi incomprensibile", incalza Simona Bonafè, "Non possiamo essere considerati solo serbatoio di voti". E in serata pure Maria Elena Boschi si è detta "un po' dispiaciuta": "Spero non sia semplicemente un modo per colpire Renzi e il nostro gruppo, perché credo che non sia giusto e non se lo meritino i cittadini della nostra regione", ha detto l'ex ministro.
Che sia stata un'esclusione necessaria a un accordo con un partito che da sempre ha visto in Renzi il "nemico" peggiore (o quasi)? Dalla segreteria del Pd provano a smorzare ogni polemica. "Capisco le giuste e legittime aspirazioni territoriali e anche il fatto che si possa considerare in maniera critica la mancanza della rappresentanza di una regione dentro la compagine", dice il ministro della Difesa, Lorenzo Guirini, "Ma i numeri sono quelli che sono. L'importante è che il governo lavori per tutto il Paese che è la cosa che dobbiamo fare".
E Nicola Zingaretti assicura che non c'è "nessun tipo di discriminazione politica" e che i problemi sollevati dai renziani "sono figli purtroppo della coincidenza di tanti criteri, di territori, di competenze, di sensibilità politiche, di genere, di condizioni che alla stretta possono creare problemi".
Sta di fatto che il cerino in mano lo ha sempre Matteo Renzi.
Con circa un centinaio di parlamentari (una 60ina alla Camera e una 40ina al Senato) è lui a poter decidere se e quando staccare la spina a un governo che al momento si basa su una maggioranza risicata soprattutto a Palazzo Madama. Una scissione per ora sembra scongiurata. Ma ancora per quanto?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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