Riflessioni estive di «un morto che parla»

Ieri mattina, 27 agosto 2007, alle ore dieci e venti, davanti al più bel mare del mondo (quello sardo), sorseggiando un ottimo caffè con due gustosissime brioches, ho scoperto di essere un «uomo morto». Sul «Secolo XIX» (sul quale si leggono per prima cosa i necrologi) è apparsa una colonna di un «Vittorio Sirianni» passato a miglior vita.
Lì per lì ho avvertito un senso di imbarazzo. Mi sono detto: «Che sia vero?». Purtroppo era vero. Eppure sorseggiavo caffè, guardavo il mare, mi sentivo molto bene, anzi mai stato così pimpante. Ma un Vittorio Sirianni era morto per davvero. E le sensazioni che sto per raccontare non vogliono in alcun modo mancare di rispetto al dottor Vittorio Sirianni e alla sua famiglia. Diciamo che ieri, non conoscendo lo scenario dell’altro mondo, qualche dubbio mi è sorto nella mente. Finché mia moglie, con un urlo davvero dell’altro mondo, mi ha gridato: «Cretino, come sempre hai lasciato l’asse del water alzato...». In quel preciso momento, purtroppo, mi sono reso conto che ero ancora tra i vivi.
Dalle undici e venti in poi sono iniziate le telefonate di verifica sul mio stato, diciamo così, di... salute. Telefonate preoccupate, direte voi? Niente affatto: le prime provenivano da alcuni giornali e dai cari colleghi che, essendo Ferragosto e non avendo una che sia una notizia da dare, speravano in un pastoso e lungo «coccodrillo» di ricordo su di me.

Hanno dovuto rassegnarsi!!! Altre due emittenti televisive che speravano di «riprendermi» in diretta transitando sulla barca di Caronte verso gli inferi... Un collega mi chiama e mi dice: «Ma ci sei?». Rispondo: «Sì ci sono...». E lui: «Sai, hai una voce da oltretomba... (...)

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