Rissa in una scuola tra quindicenni un romeno accoltella un coetaneo

Un banale litigio tra ragazzini, qualche sfottò tra coetanei, due rivali sempre pronti ad affrontarsi, a «marcare» il territorio. In un’altra scuola sarebbe finita lì, con qualche parolaccia di troppo e magari qualche innocuo spintone. Alla «Giovanni e Francesca Falcone» di San Vittorino, al Villaggio Prenestino, piccolo centro a est di Roma, quattro anni fa dichiarata scuola a rischio dal ministero su segnalazione del Comune, la questione è degenarata. E dalla tasca di uno dei contendenti, un romeno di 15 anni, che frequenta da ripetente la seconda media, è spuntato fuori un coltello a scatto.
Un colpo secco, e la lama di 5.5 centimenti si è andata a conficcare nel fianco sinistro di un compagno di scuola quindicenne, romano, che ripeteva per la seconda volta la terza media. Una tragedia sfiorata per un soffio. D.P., figlio di un magazziniere, è stato ricoverato in codice giallo al Pertini. Non è in pericolo di vita ma è tenuto sotto osservazione perché il coltello ha sfiorato la milza. Il suo aggressore, A.E., figlio di una manovale, una casa a Lunghezza, dopo essere stato interrogato dai carabinieri del gruppo Frascati, coordinati dal colonnello Rosario Castello, è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio e portato nel centro di prima accoglienza Virginia Agnelli.
Sono circa le 8.10 e la campanella non è ancora suonata. Gli studenti delle medie aspettano come al solito l’inizio delle lezioni in un campo sportivo lungo il perimetro della scuola. È lì che i due ragazzini cominciano ad attaccare briga, a provocarsi. D.P. e A.E. sono i bulli di due gruppi contrapposti che si affrontano quotidianamente in risse e litigi. Il diverbio nasce all’interno di questo contesto. Ma questa volta a vedersela sono in due, i rispettivi compagni di scorribande rimangono fuori. Il motivo che scatena il litigio non è chiaro, forse una banale presa in giro. «Se hai qualcosa da dire vieni qui», pare abbia detto il ragazzo italiano. A.E. non se lo fa dire due volte, si avvicina, la discussione degenara presto in rissa, durante la quale il romeno sferra la coltellata al rivale davanti agli occhi di altri compagni e di alcuni professori. Sono questi ultimi a chiamare l’ambulanza. Quando arrivano i carabinieri, poco dopo, il romeno è ancora lì. Non fugge. Il coltello viene trovato per terra. I militari lo portano in caserma, assieme ad una ventina di testimioni, per cercare di chiarire i motivi dell’accoltellamento.
Forse tra i due c’era un qualche conto in sospeso, ma il ragazzo non ne ne fa cenno con gli investigatori. Un’idea di come potrebbero essere andate le cose sembra averla il fratello maggiore del romeno arrestato: «È stato provocato da quel ragazzo italiano - dice L.E., 24 anni - come era successo tante altre volte: oggi (ieri, ndr) deve aver perso la pazienza, ma quel coltello non era suo. Quel tale gli stava lanciando dei sassi, mio fratello è sceso al campo sportivo e tra i due c’è stata una lite. Poi qualcuno gli ha messo in mano un coltello e l’altro durante la discussione deve essere finito sulla lama». Secondo L.E. non è la prima volta che il fratello viene preso di mira perché straniero, «anche se la maggior parte dei suoi amici sono italiani». Nega però che al Villaggio Prenestino esistano bande «nazionali» che si fronteggiano. «Piuttosto c’è qualche ragazzino che fa il provocatore», dice. La mamma della vittima, dall’altra parte, è certa che suo figlio «non c’entri nulla».

«Ha cominciato l’altro - dice - mio figlio ha reagito verbalmente alle parolacce di quello studente romeno che conosceva al massimo di vista». «C’è rimasto male, non se l’aspettava - racconta il padre di D.P. - Ma a questo ragazzo chi ha messo in mano un coltello? Anche se fosse stato provocato non si reagisce così».

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