Ritocchi alla manovra La verità sulla supertassa

Il contributo di solidarietà costerà quasi la metà. Il governo pensa a un prelievo sui soldi rientrati con lo scudo Merkel e Sarkozy: governo economico per l’Europa. Ma non vogliono gli Eurobond

Ritocchi alla manovra 
La verità sulla supertassa

La manovra? Ancora si capisce poco o nulla. Ogni giorno spunta una ipotesi di modifica. Ordini e contrordini in una babele politico­mediatica che stordisce. Ma una cosa è certa: anche se fosse confermata dalle Camere così come è uscita dal Consiglio dei ministri, la famigerata tassa sui redditi sopra i novantamila euro non sarà quel salasso che si pensava. Premessa: ogni centesimo in più da paga­re è un odioso balzello che sarebbe stato meglio evitare se solo la situazione lo permettesse. Detto questo, la veri­t­à è che i malcapitati presunti benestanti alla fine sborse­ranno poco più del cinquanta per cento di quanto deci­so da Tremonti e soci. Non c’è trucco né inganno,lo dice la stessa legge, che prevede infatti la deducibilità fiscale del balzello.

Forse non lo sanno neppure i politici del centrodestra che in queste ore si agitano più o meno a vuoto. Bastava leggere l’ultimo numero del Sole24Ore che ha avuto per primo accesso alle schede del decreto. Facciamo un esempio su un reddito dichiarato di 100mi­la euro. Nel 2012- spiega il quotidiano economico- inter­viene la prima tagliola di 500 euro, altrettanti nel 2013. Entrambi i versamenti saranno deducibili dalle tasse dell’anno successivo. Risultato: mille euro pagati, 430 rimborsati dal fisco. La tassa reale, quindi, aumenta sì ma solo dello 0,3 per cento del reddito complessivo. Un sacrificio, certo, ma ben diverso da quello di cui sentia­mo parlare in queste ore. Ormai è una gara a chi urla di più, perché dal caos ognuno pensa di trarre qualche vantaggio.

La ricetta ma­gica della sinistra è: facciamola pagare agli evasori. Co­sa nobile, da sottoscrivere subito. Ci era arrivato persino Berlusconi, sotto il cui governo nel 2010 è stato battuto il record di recupero fiscale, con oltre 25 miliardi restituiti allo Stato da contribuenti infedeli. Certo, se Bersani avesse l’elenco completo degli evasori si farebbe ancora meglio. Peccato che così non è. Per cui bisogna affidarsi a strumenti che diano risultati certi (ieri è spuntata an­che l’ipotesi di una tassa del 2 per cento sui capitali rien­trati con l’ultimo scudo). Quelli trovati dal governo ita­liano sono stati definiti ieri da Sarkozy e dalla Merkel ne­cessari e tali da «dare credibilità alla tenuta dei conti eu­ropei ». La cancelliera, ma soprattutto il presidente, non è che siano molto più ben messi di noi. Tra loro non c’è vero accordo sulle ricette.

Il vertice franco-tedesco di ie­ri si è concluso con il rinvio dell’unica cosa concreta ed efficace: varare i titoli di Stato europei, i cosiddetti Euro­bond.

I due hanno invece annunciato un governo euro­peo dell’economia (che di fatto c’è già) e una velleitaria tassa sulle transazioni finanziarie per scoraggiare la spe­culazione internazionale (non ci sarà mai unanimità di adesione dei Paesi e quindi sarebbe inutile perché i capi­tali andrebbero dove più conviene). Vediamo se oggi le Borse europee si accontenteranno di queste promesse. Gli indizi non sono buoni.

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