Il ritorno delle «vedove nere»: terroriste al servizio di Allah

IN AZIONE Fu una di loro a guidare la presa di ostaggi e il massacro al teatro Dubrovka

Le «vedove nere» del Caucaso tornano a colpire al cuore la Russia. Fino ad oggi sono circa una settantina le shahidka, martiri al femminile, della sanguinosa guerra santa contro i russi. Le chiamano anche «fidanzate di Allah», perché in molti casi hanno perso mariti, fratelli o figli nella guerra contro i russi. Le due terroriste suicide del metrò di Mosca potrebbero essere parenti o seguaci di Said Buryatsky, soprannominato l'Osama Bin Laden del Caucaso. I servizi speciali russi l'hanno eliminato agli inizi di marzo.
Le vedove nere non sempre sono fanatiche islamiche. Talvolta si tratta di giovani donne sui vent'anni plagiate, drogate o soggiogate con l'arma del sesso. Lo ha raccontato Zarema Muzhakoyeva, 23 anni, una delle poche fidanzate di Allah prese vive. Nel febbraio 2004 voleva far saltare in aria un caffè di Mosca. Gli addetti alla sicurezza l'hanno fermata in tempo. Il marito della Muzhakoyeva era morto in battaglia, prima che lei partorisse una bambina. Sola e disperata, si era indebitata fino al collo per sopravvivere. Alla fine i lupi dell'indipendenza cecena hanno chiesto il conto. Zarema doveva pagare il debito con la vita. Per un mese è stata addestrata in un campo dei guerriglieri fra i monti. Le facevano il lavaggio del cervello con le atrocità compiute dai russi. E di notte il comandante dormiva con lei abbindolandola con parole d'amore e sesso. Una volta arrivata a Mosca per la missione suicida, è stata soggiogata dalla sua mentore, soprannominata Black Fatima. Le mescolava droga nel succo d'arancia per tenerla sotto controllo. Oggi, Zarema sconta una condanna a vent'anni.
La prima a farsi saltare in aria, nel 2000, è stata Khava Barayeva, classe 1978. Nel video di rivendicazione registrato prima dell'attacco incita le donne cecene ad immolarsi: «Sorelle, è giunto il nostro momento! Dopo che i nemici hanno ucciso quasi tutti i nostri uomini, fratelli e mariti, solo a noi rimane il compito di vendicarli. (...) Non ci fermeremo neanche se per questo dovremo diventare martiri sulla via di Allah». A lei è dedicato l'inno delle vedove nere. Khava era parente di Movsar Barayev, che guidò la presa di ostaggi al teatro Dubrovka di Mosca del 2002 finita in un massacro. Al suo comando aveva 18 terroriste suicide vestite di nero e con le cinture esplosive. Una di queste era Zareta Baykorova. I genitori, che vivevano in un villaggio ceceno, l'hanno riconosciuta dalle immagini della televisione russa. I suoi occhi neri, inconfondibili, spiccavano dal velo che le copriva il capo ed il resto del volto.
L'anno dopo la strage del teatro le «fidanzate di Allah» si sono scatenate provocando 165 morti in 4 mesi. Le aveva arruolate e plagiate Shamil Basayev, il leggendario comandante ceceno filo Al Qaida, che poi verrà eliminato dai russi. Basayev formò un corpo speciale addestrando 36 vedove nere agli attacchi suicidi. Shahidka, la «martire», Baimuratova, la più anziana fra le kamikaze sulla quarantina, voleva vendicare il marito ucciso dai russi. Si è fatta saltare in aria ad un affollato festival ceceno cercando di ammazzare il presidente Akhmad Kadyrov, amico di Mosca. Uccise 14 persone e altre 150 rimasero ferite.
Il 6 luglio 2003 due terroriste suicide si sono fatte esplodere all'ingresso di un concerto a Mosca. «Vattene, con te non parlo, altrimenti non entrerò nel paradiso di Allah» è stata l'ultima frase di Zulikhan Yelikhadzhiyeva, che un poliziotto russo cercava di interrogare. Il suo corpo era già dilaniato dall'esplosione, ma respirava ancora. In Cecenia, dove la chiamavano «l'angelo», sognava di studiare medicina. Il suo destino è cambiato quando il fratellastro, comandante dei ribelli conosciuto come «l'afghano», la portò via per sempre.
Le vedove nere si sono fatte saltare in aria sui treni e probabilmente a bordo di due voli passeggeri russi nel 2004. Nel settembre dello stesso anno Roza Nagayeva e Mairam Taburova facevano parte del commando di Beslan, dove morirono 334 civili, compresi 196 bambini.

Di fronte ai piccoli avrebbero protestato con forza, perché non volevano macchiarsi del sangue degli innocenti. Morirono lo stesso. Il capo dei terroristi azionò un comando a distanza che fece saltare in aria la scuola di Beslan.
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