IL RITRATTO-INTERVISTA 4 BEPPE DAMASIO

Cita Adam Smith, il suo idolo rimane il segretario (dal 1954 al 1972) del Pli, Giovanni Malagodi e di sé spiega: «nella Lista Biasotti io ero la ciliegina liberale».
Perché quando è stato sciolto il gruppo degli arancioni, Giuseppe Damasio, ex direttore generale della Tubi Dalmine Italsider e attuale consigliere del municipio Medio-Levante, non ce l’ha proprio fatta a venire meno ai suoi principi e a entrare nel Pdl.
Per «Lealtà» (è questo il nome del gruppo che ha fondato insieme al consigliere Marco Cicchetti) al suo «Decalogo del vero liberale» che deve orientare il comportamento di tutti, anche dei cassintegrati.
Una provocazione, Damasio?
«Per niente. Deve considerare che il vero liberale è colui che mette sempre e comunque l’individuo a centro e non la società, quello è tipico dei regimi socialisti».
E cosa c’entra la cassa integrazione guadagni?
«Un lavoratore cassintegrato diventa schiavo della burocrazia, dei sindacati ed è bloccato nelle sue scelte: non può lavorare e non può cercarsi un nuovo lavoro. Bisogna al contrario dare a queste persone la possibilità di “spendersi” l’assegno che gli versa lo Stato per crearsi nuove occasioni di occupazione».
Una specie di tesoretto da usare come merce di scambio?
«Esattamente. Da un lato ci sono aziende in crisi strutturale, dall’altro settori economici in fase di sviluppo. Il lavoratore di una azienda in crisi deve avere la possibilità di cercare nuovi imprenditori e contrattare la sua assunzione trasferendo all’impresa l’importo della Cig. In questo modo il lavoratore avrebbe la possibilità addirittura di migliorare la sua condizione, mentre la nuova impresa ne trarrebbe notevoli benefici economici».
Inutto questo, e viene da pensare ai casi Fiat e Fincantieri, quale sarebbe il ruolo dello Stato e dei sindacati?
«Un sistema deve sempre dare delle chance alle persone. E da questo progetto ne trarrebbero beneficio l’economia, i lavoratori e lo stesso sistema di welfare che in questo campo è troppo vecchio?».
Lei ha fondato un blog, «Momento liberale», che fino ad ora ha registrato oltre 2 mila interventi.
«Sì, sono in molti quelli che intervengono ogni giorno inviando lettere sul blog, non ultimo, ancora oggi, il senatore Enrico Musso. A quanto pare non sono l’unico a pensare che contro il pressapochismo e il qualunquismo della sinistra e di buona parte del Pdl si debba rispondere con una idea forte, il liberismo. È quello il macigno ideologico nuovo».
Mi ha convinto. Ma come si inserisce tutto questo nel panorama genovese?
«Vede, bisogna sempre distinguere tra settori in crisi congiunturale e settori in crisi strutturale, come nel caso dell’acciaio».
Sta entrando in un terreno minato.
«Non voglio riproporre la polemica Prodi o non Prodi, e neanche ripercorrere la storia della chiusura dell’Italsider e il trasferimento degli spazi all’Ilva. Dico solo che tre sono i settori che attualmente risentono meno della crisi internazionale e sono l’alta tecnologia, il turismo e la logistica.

Mentre noi abbiamo destinato all’acciaio, e fino al 2028, oltre un milioni di metri quadrati che si potevano sfruttare diversamente».
Se...
«...si fossero applicate le regole del vero liberismo, anche per i lavoratori».

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