Pechino - È il primo oro dell’Italia, il primo della scherma, il primo della spada individuale dopo 48 anni. Matteo Tagliariol si infila nel mondo dei decorati nobili impugnando l’arma più difficile, ma anche la più antica. Quella che ha il maggior numero di praticanti in tutto il mondo: dal Sudamerica all’Europa. Raccontava Carlo Carnevali, il commissario tecnico degli spadisti, che in coppa del mondo si possono contare anche 200 partecipanti, numeri che le altre due armi si sognano. Eppure la spada è la sorella meno quotata della scherma italiana, dopo aver vissuto tempi gloriosi fra le mani di Edo Mangiarotti e Giuseppe Delfino, Carlo Pavesi e Alberto Pellegrino. Nomi che si perdono nelle tenebre.
Matteo Tagliariol le restituirà il censo che Angelo Mazzoni o Paolo Milanoli, gli ultimi della stirpe spadista, non sono riusciti a rivalutare. Mazzoni oggi è il maestro d’arma di Tagliariol. Ancora per poco, perché l’anno prossimo emigrerà in Svizzera. Le solite polemiche di provincia della nostra scherma ci faranno perdere l’uomo che ha plasmato l’ultimo germoglio. «È stato la persona chiave della mia vita. Ma ora sto crescendo e non posso pensare di andare a tirare per la Svizzera», ha ammesso l’allievo. Ora la missione è un’altra. Matteo tiene alla sua arma, al suo mondo, e predica una missione: «La spada è troppo sottovalutata». È tornato sull’argomento appena vinta la medaglia, tra un sorriso, un mancar di voce e un sentirsi disarmato. «Dopo una vittoria così non so che dire, ma di certo la spada viene considerata un’arma minore, perché non ha portato tante medaglie come sciabola e fioretto». Un oro può cambiare la vita e Matteo ci crede. «Ora abbiamo un gruppo forte e dietro di noi giovani in gamba. Lotteremo perché la spada abbia lo stesso rispetto di cui gode all’estero, dove è considerata l’arma principale».
La spada impone strategia e fantasia dovendo colpire su tutto il corpo, dunque serve la testa e la continuità che magari i giovani non posseggono. Magari un po’ di fortuna. Lo ha dimostrato Alfredo Rota, uscito dall’Olimpiade per un passo indietro di troppo. Non s’è accorto che stava passando la linea di fondo e addio sogni. E così Diego Confalonieri, che avrebbe potuto giocarsi un posto per la finalissima proprio con Tagliariol, se non si fosse imbizzarrito davanti all’ostacolo: avanti di tre stoccate, si è ritrovato con il braccino. «Ma il nostro gruppo ha dimostrato che possiamo cercare anche un secondo oro: quello a squadre». L’ultimo risale a Sydney 2000, il capitano era Angelo Mazzoni. Corsi e ricorsi. Chissà mai.
L’oro di Tagliariol è uno squillo di tromba: la scherma italiana ha ricominciato la sua caccia, unico forziere affidabile del nostro sport.
Quella di ieri è stata la medaglia d’oro numero 44. Forza, rimettiamoci a contare.
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