«Rocca tradito dalla pressione Io invece riesco a cavalcarla»

Benny Casadei Lucchi

da Milano

«Sì? Dove sei? Cosa? Ma allora ti sei perso? Aspetta che ti passo Michele». «Sì? Cosa? Ma no, sei a cinque minuti da qui... Allora fai così che arrivi subito. Ciao Valentino». E Michele a Davide Brivio, team manager della Yamaha mondiale: «Ho vinto, ho vinto la scommessa, fanno 150 euro». Non è il tormentone pubblicitario con Valentino Rossi protagonista, bensì la vita vera del ragazzo a trecento all’ora. Vita impennata e in ritardo.
Succede così che il capo del team e il responsabile della comunicazione Yamaha arrivino persino a puntar soldi sulla puntualità del proprio campione, tanto per esorcizzare il ritardo con mille persone che attendono, tanto per divertirsi in mezzo allo stress. E non a caso, poco più tardi, il campione confermerà involontariamente quanto sia unica l’atmosfera in casa Yamaha: «Con loro ho passato e sto passando gli anni più belli della mia carriera e non solo per le vittorie. Sono gli uomini e l’ambiente che siamo riusciti a creare qui da noi che ci danno quella marcia in più».
Mentre Michele conta soddisfatto i 150 euro incassati, sul palco degli East End Studio di Milano, grande capannone dismesso alle porte di Milano, sale il Dottore dei motori: jeans strappati, capelli riccioli che sembra un folletto, gli occhi grandi rubati alla mamma, camicia fuori dai pantaloni, camicia gialla per onor di sponsor tabaccaio, ma che fa felice Valentino «perché il giallo è il colore più bello che ci sia, l’ho sempre avuto nella mia carriera tranne negli ultimi due anni con la Yamaha».
Sul palco è salito assieme al compagno Colin Edwards, che compie gli anni; ma anche dopo l’annuncio, purtroppo, non fregava niente a nessuno, visto che il bombardamento mediatico è stato tutto per il Dottore. Più che Dottore, «un bersaglio» dice lui, «ormai vivo sapendo di avere un bel bersaglio disegnato sulla schiena», scherza e non scherza. «A 27 anni ho vinto tutto, di nuove cose da conquistare non ce ne sono, ma questo non deve essere un problema per me, anche perché c’è al via una nuova generazione di piloti, tutti piloti che cercheranno di battermi: in fondo io sono vecchio. Peccato, non ci saranno più vecchi campioni come Biaggi, uno che andava forte, ma ci sono giovani veloci, gente arrivata dalla 250 con molte aspettative (e il riferimento va al fuoriclasse spagnolo Daniel Pedrosa, ufficiale Honda, la stessa che fu di Rossi). E poi, soprattutto, c’è Marco Melandri».
Parla di Olimpiadi, parla di Rocca, vorrebbe non parlare di formula uno, di Ferrari, ma è desiderio vano. «Qualcuno era preoccupato sulle difficoltà che avrei incontrato nel passare dall’una all’altra; e in fondo ci ho pensato anch’io prima di farlo. Ma guidare una moto e subito dopo un’auto e viceversa non è pericoloso e non crea problemi di confusione: sono talmente diverse...». Le domande stringono il campo: «La F1 è sempre stata una cosa secondaria per me, soprattutto adesso che inizia il motomondiale (il 26 marzo a Jerez)... Dico questo perché voglio che sia chiaro che i test di F1 non influiscono sul mio rendimento in moto. La Yamaha mi ha dato l’opportunità di provare e deve sapere che mai ci sarà una ripercussione negativa in moto».
Già, la Yamaha che cosa dice? Dice che «abbiamo con noi uno dei più grandi sportivi del mondo, e uno così cercherà sempre nuove sfide. La nostra posizione è dunque questa: permettergli di esprimersi a tutti i livelli, anche nelle sfide che cerca, garantendogli però di trovare qui da noi il massimo per vincere e divertirsi... Solo così possiamo sperare che decida di restare in moto, e soprattutto con noi». Parola del general manager Lin Jarvis. E in effetti Yamaha gli ha dato tutto. «Siamo andati bene nei test - confida Valentino -, dobbiamo ancora risolvere qualche problemino con le gomme, ma rispetto allo scorso anno è molto meglio... Semmai, la mia paura è un’altra: visto che nel 2005 durante i test avevamo delle difficoltà e poi ho vinto di fila sette gare su otto, non vorrei che succeddese il contrario (ride)... Promesse di vittorie non ne faccio, come sempre, prometto invece divertimento e spettacolo». Quindi vittorie.
Rossi racconta poi le sue Olimpiadi. «Mi sono innamorato del curling (scoppia a ridere di nuovo)... Ovviamente scherzo. Mi è dispiaciuto tantissimo per Giorgio Rocca, ha commesso un errore, ma è stato anche molto sfortunato. Ha subito una pressione troppo grande... Forse, se la gara fosse stata nella prima settimana, sarebbe andata a finire in modo diverso». E lei, con la pressione che si porta ovunque come fa? «Io uso la pressione per dare ancora di più, per trovare quelle extra motivazioni utili per vincere». E, a proposito di extra motivazioni, non vincere il prossimo mondiale potrebbe essere un motivo per restare e non andare in F1? «No».
No secco, deciso, un no che lascia aperta la strada F1, un no che suona identico a quello pronunciato non appena gli fanno notare che il suo nome è stato associato a qualcosa di politico: «Io candidato con Pannella? Ho sentito questa cosa, ma io non voglio aver nulla a che fare con nessuno». Valentino chiude così, saluta tutti, sorride a tutti, risponde persino al puntuale domandone-tabaccaio, quello che gli fanno ogni anno: ma lei, da ragazzo, aveva detto che non avrebbe guidato con sponsor di sigarette, invece qui ne ha un altro nuovo...

«E resto della mia idea; purtroppo, faccio il pilota di moto per cui ho due possibilità: o resto a casa davanti al caminetto a guardare le moto in tv o accetto che il team sia sponsorizzato». Fate sparire il telecomando e dategli una sigaretta, please.

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