Simone Turchetti
Come dire, addio vacanze romane. Uno dei miti legati alla Città Eterna sta perdendo lo smalto, almeno tra i columnist della storica rivista americana National Review. La pubblicazione della destra Usa, molto in voga tra i neo-conservatori doltreoceno (i famosi e discussi «neo-con»), ospita una rubrica, il «Corner», in cui si svolge il dibattito un po snob tra i suoi influenti commentatori. Una specie di bar dello sport su carta, in cui si parla di politica internazionale come di scienze, di cinema come di vacanze. Di vacanze, appunto.
Quelle trascorse nella Capitale, al celebre (negli Usa) editorialista John Derbyshire, non sono proprio andate giù. «Roma è un luogo orribile - scrive - sporca e trascurata, il cibo fa schifo, la metropolitana lurida, bollente e lenta, le antichità e le rovine in pessimo stato e senza indicazioni per i turisti». E visto che allo sventurato è stata anche rubata la borsa, aggiunge: «Ed è piena di borseggiatori, nordafricani ed europei dellEst». Insomma, colpiti e affondati.
Da un turista certe parole fanno male; siamo troppo abituati a sentirle pronunciare dai romani, con gli occhi rivolti più agli aspetti pratici della vita quotidiana della metropoli che al patrimonio artistico. Del resto, su tante cose si può anche essere daccordo: la metropolitana lenta, oppure la sporcizia. Almeno il cibo pensavamo si salvasse, pensando a quello che mangiano negli States. Tantè, verrebbe da dire, se non piace quello locale, per i turisti cè sempre il fast food.
Il bello, o meglio, il peggio, deve però ancora arrivare: nello stesso pezzo Roma viene descritta come un città in cui si respira «laria di un paese che sta poco a poco emergendo dal Terzo Mondo», a causa dei «sampietrini che fanno inciampare, per la mancanza di edifici moderni, per gli sciami di motorini sgangherati e per i mezzi pubblici pessimi o inesistenti». Ci si può chiedere quanto sia rappresentativa lopinione di Derbyshire, nellanno in cui Roma ha conosciuto un autentico boom del turismo. Ma è comunque preoccupante sapere che tra gli intellettuali di Washington e New York i Sette Colli rischiano di avere il fascino decadente di una Bombay, senza contare il deficit di spiritualità orientale. Larticolo di Derbyshire si conclude con una domanda imbarazzante: «Per lamor del Cielo, i romani non riescono a governare una città? Bene, pare proprio di no». A questo punto sono chiamati in causa gli amministratori; ma raggiungere il sindaco al telefono in questi giorni pare proprio impossibile. Forse è troppo impegnato a spiegare il peggioramento del rating dellAtac deciso da Standard & Poors. «Ma i panni sporchi è meglio lavarseli in famiglia» invita allora Michele Baldi, consigliere comunale di An. «Malgrado gli scontri con la sinistra - prosegue - sostengo Roma a spada tratta. Non è più sporca di altre città, piuttosto non si pensa in grande come progetti di internazionalizzazione». A pesare, però, secondo Baldi, cè anche lo scarso senso di romanità dei cittadini, la «mancanza di un sano orgoglio per la propria città, che dovrebbe spingere a migliorarla anche partendo dal basso».
Possibile però che allombra del Cupolone non si salvi proprio nulla? «Il clima è adorabile - concede Derbyshire - anche se tutti mi avevano detto che ad agosto Roma è soffocante».
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