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Assolta la madre accusata di aver avvelenato la figlia, ma i pm ricorrono in appello

La procura vuole vederci chiaro sul caso di Marina Addati, la 32enne assolta dall'accusa di aver avvelenato la figlia di tre anni con il Midazolam. È ancora mistero su chi abbia somministrato il sedativo alla piccola

Assolta la madre accusata di aver avvelenato la figlia, ma i pm ricorrono in appello

Nella storia di Marina Addati e di sua figlia Anna finora c’è un solo dato certo. A provocare le crisi respiratorie della bimba di tre anni che per mesi ha dovuto lottare tra la vita e la morte, prima a Napoli e poi a Roma, è stato il Midazolam.

Il potente sedativo che si usa come anestetico prima degli interventi chirurgici è stato somministrato alla piccola mescolato al latte che beveva dal biberon. La principale indiziata è stata sin dal primo momento la madre. Ma lo scorso ottobre la donna è stata completamente scagionata. “Il fatto non sussiste”, la motivazione che hanno fornito i giudici. Eppure la 31enne napoletana è ancora sotto processo con l’accusa di aver avvelenato, nel dicembre del 2015, l’altra figlia, quella più piccola, facendole inalare grandi quantità di acido valproico, uno psicofarmaco utilizzato come stabilizzante dell’umore.

Secondo i magistrati del Tribunale di Roma che esaminano il caso di Anna, però, la donna, affetta da problemi psichiatrici che nel frattempo ha perso la potestà genitoriale sulle sue tre le figlie, non avrebbe avuto le “competenze scientifiche” per somministrare intenzionalmente il medicinale alla bambina rischiando di ucciderla. Il verdetto dei medici dell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, è stato chiaro: la bimba si è intossicata con il Midazolam. La stessa diagnosi viene fatta al al Bambin Gesù di Roma dove la bambina viene trasferita per continuare le cure prima di guarire definitivamente. Chi ha offerto il farmaco alla piccola, però, resta un mistero.

Secondo i periti chiamati in causa nel processo che si è celebrato a Roma, i problemi respiratori che hanno messo in pericolo la vita di Anna potrebbero essere imputabili anche all’assunzione del sedativo nei corridoi dell’ospedale Annunziata di Napoli. È questo il nosocomio dove la Addati porta sua figlia il 2 novembre del 2015, dopo tre giorni che la bimba non riusciva a svegliarsi da un sonno profondo. Durante tutto il periodo di degenza all’Annunziata la donna è stata guardata a vista. Per questo secondo gli esperti non avrebbe potuto somministrare lei il Midazolam. Eppure quando è stata arrestata nel 2017, ricostruisce il quotidiano online Fanpage, gli investigatori non ebbero dubbi. Sarebbe stata la donna affetta da problemi psichici a provocare l’intossicazione che poteva essere fatale ad Anna.

Adesso però potrebbe emergere un’altra verità.

A stabilire in che modo siano andati davvero i fatti saranno i giudici dell’appello dopo il ricorso della Procura che, come riferisce Il Tempo, vuole vederci chiaro sulla vicenda che ha per protagonista una bimba di appena tre anni, che nel 2015 ha rischiato di morire.

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