Cimiteri romani al collasso: "Costretti ad arrivare in Calabria per una cremazione"

I cimiteri capitolini sono al collasso e nelle camere mortuarie ormai le salme non trovano più posto. Così può capitare che per una cremazione ci si debba rivolgere a impianti che distano centinaia di chilometri da Roma, con un aggravio di spesa per le famiglie del defunto che varia dagli 800 ai 1.500 euro.

Cimiteri romani al collasso: "Costretti ad arrivare in Calabria per una cremazione"

Lo chiamano "eterno riposo", in realtà è un terno al lotto. Dipende da quale lato del Raccordo Anulare hai la disgrazia di chiudere gli occhi. Se sei di Roma, ad esempio, sarebbe più opportuno definirlo un lungo calvario. Soprattutto di questi tempi. Burocrazia, inefficienza e disservizi ti si incollano addosso come una maledizione, e continuano a perseguitarti persino da morto.

Non valgono dispense papali né voti alla Madonna. Se hai lasciato detto di voler essere cremato sei messo davvero male. Le camere mortuarie della tua città sono al collasso e dall’Ispettorato Flaminio è arrivata la ferale notizia: "Dal 13 aprile non sarà possibile conferire salme con destinazione cremazione". Quindi? I tuoi cari si trovano di fronte ad un bivio: tradire le tue ultime volontà, optando per l’inumazione a terra o la tumulazione in un loculo, oppure richiedere il nullaosta per farti cremare in un comune diverso.

Nel secondo caso c’è da mettere in conto una lunga sosta in una camera mortuaria sovraffollata. Si parla di almeno quaranta giorni prima di ottenere l’autorizzazione a raggiungere destinazioni che, da vivo, non avrai neppure mai sentito nominare: tipo Domicella, in provincia Avellino, Montecorvino Pugliano, in provincia di Salerno, se non addirittura Carpanzano, in provincia di Cosenza. "Sono mesi che solleviamo il problema ma, al di là delle rassicurazioni da parte di Ama, nessuno ha mosso un dito", denuncia Valter Fabozzi, titolare dell’agenzia funebre Eugenio Fabozzi.

"Nel frattempo la situazione è precipitata: per ottenere l’autorizzazione alla cremazione presso altri forni – continua Fabozzi – ormai ci vogliono quasi cinquanta giorni, una follia tutta romana, nel resto d’Italia pratiche del genere vengono evase al massimo in quarantotto ore". Quasi due mesi di attesa, quindi. Ecco che allora non è più solo questione di pietas e rispetto o, per i più cinici, di qualità del servizio. Qui il problema diventa di carattere sanitario. "Le bare da cremazione non sono zincate, dopo quindici giorni iniziano a biodegradarsi, immaginate – annota Fabozzi – cosa significhi per i nostri addetti movimentarle dopo tutto quel tempo".

Ovviamente questa macabra odissea non è neppure gratis. Farvi raggiungere gli angoli più remoti dello Stivale ha un prezzo. "Si va dagli 800 ai 1.500 euro in più, a seconda di dove si trovi l’impianto che dà la disponibilità, quelli del Lazio, con l’ingorgo che si è creato a Roma, hanno triplicato il lavoro e pure loro hanno problemi di capienza", racconta Claudio Bruni, proprietario dell’agenzia funebre San Giovanni. Così può succedere, ed è successo, che la vostra salma finisca addirittura in Calabria. "Noi ultimamente ci stiamo appoggiando agli impianti di Carpanzano, a 700 chilometri da qui".

Carpanzano è un piccolo borgo alle pendici di un vulcano spento. È uno dei comuni meno popolosi della Calabria: appena 232 abitanti. Un posto tranquillo, insomma, dove il viavai è soprattutto quello dei carri funebri. "Anche noi siamo oberati in questo periodo, le celle frigorifere sono tutte occupate e abbiamo dovuto bloccare le prenotazioni fino a giovedì", ci spiegano dalla ditta che gestisce il forno crematorio locale.

"Roma è lontanissima, non è mai stata il nostro mercato, lo è diventata da un paio di mesi a questa parte, praticamente siamo l’ultima spiaggia, significa che anche gli impianti più vicini alla Capitale sono arrivati a saturazione". Il crematorio cittadino accoglie in media ogni giorno quattro, cinque salme solo dalla Capitale. "Cerchiamo di cremarle immediatamente perché emettono cattivo odore e può accadere che perdano liquidi, dopo quaranta giorni passati in un deposito non refrigerato è normale".

Un inconveniente sgradevole che, andando incontro all’estate e all’aumento delle temperature, è destinato ad aggravarsi. "Bisogna assolutamente accelerare con il rilascio delle autorizzazioni, ovunque ci vogliono un paio di giorni, possibile che nella Capitale non si riesca a fare in tempi ragionevoli?". È quello che chiedono anche le agenzie funebri di Roma, che ieri sono scese in piazza per protestare.

"Non ci vuole un miracolo, solo la creazione di un ufficio ad hoc – spiega Fabozzi – per velocizzare il procedimento, in attesa degli adeguamenti strutturali che servirebbero alla città per fare fronte alla richiesta di cremazioni". Sì perché negli ultimi vent’anni la domanda è aumentata in modo esponenziale. "A Roma in media ci sono un’ottantina di decessi al giorno, nel 70 per cento dei casi ormai i familiari optano per la cremazione, ma questa non è certo una novità", gli fa eco Bruni.

È Francesco Figliomeni, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, a mostrarci un grafico eloquente. Una freccia che punta verso l’alto. "Guardate qui: nel 2001 le cremazioni erano meno di 4mila, nel 2015 sono schizzate a quota 15mila, se il trend è rimasto lo stesso – ragiona il consigliere – potete immaginare di che numeri si parli oggi".

E tutto questo l’amministrazione capitolina lo sapeva benissimo. Tanto che, con una memoria di giunta dell’agosto 2017, si era impegnata a realizzare una serie di interventi, tra cui proprio l’implementazione dei forni crematori, che in tutta la città sono appena sei. "Il processo di adeguamento delle strutture si doveva concludere nel 2021 e invece – denuncia Figliomeni – non è stato fatto nulla, così adesso ci ritroviamo con circa 2mila salme in attesa di ricevere degna sepoltura. È una vergogna".

Ah, nel frattempo siete ritornati a Roma. Vi state illudendo che le vostre ceneri verranno finalmente sistemate in un loculo ma non è così.

Siete di nuovo al punto di partenza, in quella camera mortuaria sovraffollata che speravate fosse solo un ricordo. Vista la congestione dei crematori, la tumulazione della vostra urna non è considerata una questione urgente. C’è ancora da aspettare, mesi.

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