Coronavirus, ora i cuochi cinesi hanno paura degli italiani

L'annucio choc. Sonia Zhou, simbolo della lotta al pregiudizio anti-cinese ai tempi del coronavirus, annuncia la chiusura temporanea del suo ristorante: "Me lo hanno chiesto i cuochi che hanno paura e non vogliono più stare in Italia"

Coronavirus, ora i cuochi cinesi hanno paura degli italiani

Quello di Sonia Zhou non è solamente il ristorante cinese più popolare e rinomato della Capitale. È il simbolo del Paese del Dragone a Roma, una specie di istituzione nel cuore dell'Esquilino. Il rione più multietnico del centro storico, un crocevia di genti, dove il dialogo tra comunità non è sempre facile. Nel caso di Sonia non è così. Quello con i suoi manicaretti è un appuntamento fisso per residenti e non. Un assaggio di come l'integrazione sia possibile. Ed è per questo che nei giorni in cui in Cina iniziava a diffondersi il coronavirus, con inevitabili ripercussioni qui in Italia, lei è diventata una bandiera. Un modo per dire "no" alla diffidenza, alla paura, al pregiudizio.

In quella fase sono passati dal ristorante "Hang Zhou" un po' tutti. Dalla sindaca di Roma Virginia Raggi, al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, fino ad arrivare al vicepresidente di CasaPound Italia Simone Di Stefano. Persino l'equipe del reparto malattie infettive dell'ospedale di Tor Vergata si è concessa una cena a base di riso alla cantonese. Tutti stretti attorno a Sonia e alla comunità cinese. Tutti a ripetere che non bisognava temere nulla, se non il razzismo. L'invito era quello di non isolare i cinesi, di non lasciare che le loro attività morissero, di non cadere nel tranello di chi vuole metterci gli uni contro gli altri. Perché, dicevano, la paura è infondata. Un messaggio che l'artista di strada Laika aveva reso iconico con un murale dedicato Sonia: "C'è in giro un'epidemia di ignoranza... Dobbiamo proteggerci". La signora Zhou lo ha portato in giro per emittenti televisive e quotidiani, in loop per settimane. Finché un bel giorno non succede l'inatteso.

Sonia decide di chiudere bottega, lasciando di stucco chi l'ha sempre sostenuta. Perché il problema non è il calo degli incassi. Diciamoci la verità, la sua è forse l'unica attività cinese che dalla crisi ne è uscita rafforzata, almeno in termini di visibilità. Il punto è che nel frattempo sono comparsi i primi focolai in Italia, casi di contagio di persone che (forse) non saprebbero individuare la Cina neppure su una cartina geografica. E allora? "Il problema - spiega lei su Facebook - sono i miei dipendenti". Sembra proprio che adesso la questione si sia ribaltata. "Sono presi dal panico e hanno deciso di non venire a lavorare chiedendomi un periodo di pausa".

Avete capito bene, quando il Covid-19 veniva etichettato come una "influenza cinese" eravamo tutti razzisti, prevenuti e pazzi, adesso che la minaccia non è più questione di nazionalità, che ne è stato degli appelli alla tolleranza? "I cuochi hanno già comprato i biglietti per tornare in Cina dalle loro famiglie, perché non vogliono più stare in Italia". Il Paese gli appestati e dei monatti. E così "con grande rammarico", Hang Zhou ci lascia, ma solo fino al 30 aprile.

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