"La cosa che mi fa più rabbia? Questo mese non riuscirò a pagare l’affitto". Gabriella Criacci, infermiera cinquantenne dell’ospedale San Camillo di Roma, è stata una delle prime ad entrare in contatto con il Covid in corsia. Si è ammalata il 4 marzo, dopo aver assistito una paziente infetta. "Aveva una brutta polmonite, così abbiamo chiamato l’infettivologo dello Spallanzani per un consulto: disse di fare i test per la Tbc, in realtà poi si è scoperto che aveva il coronavirus", ci racconta in un parco a due passi da casa sua.
È dal contatto con quella donna che inizia un calvario durato oltre due mesi. Gabriella ritorna a lavoro l’11 maggio. È felice. Non sa che di lì a poco sarebbe incappata in una vicenda surreale: scorrendo l’elenco delle matricole che avrebbero ricevuto il bonus Covid della Regione non trova la sua. "Mi avevano esclusa perché non ero in servizio durante i mesi di emergenza sanitaria, ma io non ero in vacanza – protesta – ero ricoverata in ospedale".
Gabriella ha infettato anche il marito e i tre figli di 22, 14 e 10 anni. "È stato terribile, questa è una malattia infame che lascia degli strascichi tremendi sia a livello fisico che psicologico", ci confessa. "Anche ora che ho sviluppato gli anticorpi e sono negativa al tampone convivo con crampi e dolori articolari alle gambe e alle spalle – va avanti - non so se riuscirò mai a riprendermi". Vedersi esclusa dal premio economico voluto dal governo per dire grazie a chi in questi mesi ha combattuto il virus in prima linea, per Gabriella è stata un’umiliazione.
"Sono andata a protestare in direzione sanitaria e hanno subito riconosciuto l’errore, mi hanno inserito in graduatoria e i soldi con tutta probabilità mi verranno corrisposti nella busta paga di luglio", ci spiega. "Ma a me – aggiunge subito dopo – sarebbero serviti adesso, mio marito è in cassa integrazione e ancora non ha visto un euro, abbiamo davvero difficoltà ad andare avanti". "E poi – incalza – perché è stato deciso di assegnare il premio prima agli amministrativi e a chi lavora nelle farmacie degli ospedali?". "All’inizio – denuncia – non erano stati inseriti nella lista dei dipendenti da premiare neppure quelli del pronto soccorso, ma vi pare normale?".
"Sembra che anche in una situazione grave come questa - attacca - si cerchi sempre di privilegiare gli amici degli amici". "Con tutto il rispetto di chi ha continuato ad andare in ufficio a mettere timbri - si sfoga - chi come me si è ammalato per stare a contatto con i pazienti quel bonus doveva riceverlo subito". Il Nursind, sindacato delle professioni infermieristiche, punta il dito contro la Regione Lazio e i due accordi siglati con Cgil, Cisl e Uil sulla ripartizione del bonus.
"Abbiamo contestato entrambi i documenti, il primo perché tagliava fuori l’85 per cento degli aventi diritto e il secondo perché equipara gli infermieri a qualsiasi altra figura presente nel comparto, quindi anche gli amministrativi che, con tutto il rispetto non hanno avuto nessun rischio oltre il disagio di uscire di casa, a differenza di tanti colleghi che hanno visto casi covid transitare nei propri reparti e gestito situazioni di pericolo", ci spiega al telefono il segretario provinciale, Stefano Barone.
In base all’intesa raggiunta con la Regione, ci spiega il sindacalista, a chi ha lavorato in pronto soccorso e nei reparti Covid spettano mille euro lordi. "Al netto però - sottolinea - rimangono circa 540 euro, mentre gli infermieri che non hanno lavorato nei reparti in alto isolamento ne prenderanno ancora meno, circa 400 lordi".
"Insomma, è una mancetta – taglia corto Barone - stiamo parlando di 4 euro al giorno, Zingaretti praticamente ci offre la colazione". "Piuttosto che essere umiliati in questo modo – conclude – preferiamo pagarcela da soli".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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