Roma, controlli anti-spaccio nelle scuole. Ma ai vigili manca il drug test

Parte a rilento l'operazione "Scuole sicure" nella Capitale: vigili senza drug-test e i municipi a guida Pd boicottano l'iniziativa

Roma, controlli anti-spaccio nelle scuole. Ma ai vigili manca il drug test

Taglio del nastro per “Scuole sicure” a Roma. Con decine di vigili schierati davanti ai principali istituti romani, il piano per la sicurezza e per il contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti nelle scuole è partito lunedì (guarda il video).

Cinquantuno i licei sotto i riflettori, per un totale di oltre 742mila euro di fondi messi a disposizione dal ministero dell’Interno. Per ora, serviranno a rimpolpare l’organico della Polizia Locale e in seguito a potenziare gli impianti di video-sorveglianza e ad organizzare campagne informative. L’obiettivo, ha spiegato la sindaca Virginia Raggi, è quello di “assicurare un controllo capillare e incisivo nei pressi delle scuole” che “spesso sono terreno fertile per gli spacciatori”. Il problema c’è anche per il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, Mario Rusconi, secondo cui si tratta di un “fenomeno in vertiginoso aumento, non solo durante il periodo delle occupazioni”. “Bene – commenta quindi il rappresentante della categoria – la repressione contro chi vede gli studenti come clienti da sfruttare per fare soldi”.

Eppure, l’intervento straordinario chiesto dal Viminale in decine di città italiane, a Roma è partito con il piede sbagliato. I caschi bianchi presidieranno i plessi scolastici al suono della prima e dell’ultima campanella, ma all’interno delle vetture in dotazione alle pattuglie mancano proprio i droga-test. “Mi hanno controllato solo i documenti del motorino”, ci spiega un ragazzo all’uscita del liceo romano Russel di via Tuscolana, l’unico ad essere stato fermato dai vigili. Nel più centrale liceo Avogadro, nel quartiere Coppedè, gli studenti si aspettavano un vero e proprio blitz con i cani anti-droga. E invece, anche qui, gli agenti si sono limitati a controllare la segnaletica orizzontale davanti all’istituto e ad emettere qualche contravvenzione. “Non hanno controllato nessuno”, ci conferma un gruppetto di ragazzini.

La verità, come ci spiegano sottovoce anche alcuni uomini in divisa, è che non solo non ci sono i drug-test, ma è anche difficile sottoporre un minorenne ad un controllo di questo tipo. Anche gli etilometri, secondo i bene informati, non basterebbero per tutte le unità coinvolte nell’iniziativa. Un’operazione zoppa, insomma, quella messa in campo dalla Raggi, che pure sulla carta aveva riscosso un certo successo. A sostenerla, almeno nelle intenzioni, ci sono sicuramente i presidi romani che spesso devono fare i conti con eccessi di tutti i tipi, come hanno dimostrato il caso emblematico del liceo Virgilio o i festini diurni organizzati al Mamiani durante l’occupazione di qualche settimana fa. “È importante la presenza delle telecamere così come sono importanti i controlli e gli interventi delle unità cinofile ma non bisogna dimenticare la prevenzione”, commenta Rusconi.

Non manca però chi mette in dubbio l’efficacia della misura. Tre municipi guidati da minisindaci del Pd, il primo, il terzo e l’ottavo, ad esempio, si sono rifiutati di comunicare al Campidoglio i nomi degli istituti più vulnerabili. “Ritenere che si possa fare contrasto alle dipendenze con una strategia repressiva è sbagliato”, spiega Claudia Pratelli, assessore alla Scuola del III Municipio. “Non solo è difficile individuare in pochi giorni due scuole problematiche in un territorio grande quanto una città – chiarisce – ma così facendo si avvia anche un processo di stigma per cui gli istituti additati come marginali e a rischio disagio rischiano di diventarlo proprio per il fatto di venire identificati in questo modo”. A difendere la stretta anti-spaccio su tutta la linea, invece, sono i sindacati dei vigili.

“È vero che non ci sono i droga-test, però la direttiva del ministero prevede che in caso di sospetto fondato si possa condurre l’interessato in ospedale dove verranno fatti tutti gli accertamenti necessari”, spiega Marco Milani, dell’Ugl Polizia Locale. E poi, conclude tagliando corto sulle polemiche, “noi riteniamo che questa sia prevenzione e non repressione”.

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