ROSENBERG Lo scrittore che anticipa il futuro

Attentato alle Torri Gemelle, guerra all’Irak, corsa dell’Iran al nucleare: i suoi libri sono delle vere profezie

Silvia Kramar
Joel Rosenberg non è solamente uno dei tanti romanzieri americani di successo, i cui titoli rimbalzano sulla lista dei best seller. Non è soltanto un golden boy della fiction Usa, visto che ha venduto più di un milione di libri, o il «nuovo Tom Clancy», come l’hanno definito in molti. Joel Rosenberg è anche uno scrittore che possiede una qualità rarissima: s’immagina il futuro. «Non so che dire», sorride quest’americano che incontriamo allo Yale club di New York. A vederlo di persona sembra un ragazzino appena uscito dall’università; invece ha già lavorato, per anni, come consulente politico di candidati americani e israeliani del calibro di Steve Forbes e Binyamin Netanyahu.
Che conosca i retroscena della politica internazionale non c’è dubbio; che la preveda è inspiegabile. Alza le spalle e scoppia a ridere: «Scrivo i miei romanzi e poi, ogni volta, puntualmente si avverano. Non so cosa farci». Era accaduto col suo esordio letterario: un romanzo intitolato The last Jihad e al quale si era dedicato dopo aver deciso di abbandonare la sua professione di consulente politico.
«Avevo aiutato Netanyahu a perdere le sue ultime elezioni e Steve Forbes a perdere due candidature... forse era meglio che cambiassi lavoro. Fin da piccolo, leggendo James Bond, mi ero convinto che sarei stato capace di imitare Ian Fleming, così un giorno accesi il computer, intimai ai miei quattro figli di giocare a bassa voce e cominciai a scrivere. Volevo scrivere un thriller politico e ci gettai dentro tutto quello che sapevo».
L’ispirazione per le prime pagine del suo romanzo lo portò subito, a sua insaputa, a vedere il futuro: Rosenberg descrisse un jet di linea dirottato da alcuni estremisti islamici che si scagliava contro una città americana. Il romanzo proseguiva con la scoperta che i covi dei terroristi islamici erano a Bagdad, mentre il suo presidente americano - repubblicano ed evangelico - non aveva altra alternativa se non quella di dichiarare guerra all’Irak di Saddam Hussein. Otto mesi dopo, mentre Rosenberg stava per finire l’ultimo capitolo, le Torri gemelle vennero attaccate dagli uomini di Osama Bin Laden. «Mia moglie mi chiamò al telefono e mi disse di accendere la televisione. Non pensai neppure minimamente al romanzo: mio padre era un ebreo ortodosso e viveva a Brooklyn, a New York avevo un agente e molti amici. Ero disperato».
Passati alcuni mesi, durante la campagna pubblicitaria del romanzo, a Rosenberg si accapponò nuovamente la pelle: era il gennaio del 2002 e George Bush annunziava alla nazione che l’America avrebbe dichiarato guerra al regime di Saddam. «Il mio agente mi chiamò e sottovoce mi disse: “Adesso me lo puoi anche dire che lavori per la Cia...”». Nel giro di poche settimane The last Jihad divenne un best seller e Rosenberg fu visto in televisione da 160 milioni di persone.
Annunciò che stava scrivendo il suo secondo romanzo, ambientato anch’esso in un futuro in cui il leader palestinese Yasser Arafat era scomparso e il processo di pace in Medio Oriente riprendeva con l’abbandono da parte degli israeliani delle zone di Gaza. «Tredici mesi dopo - spiega Rosenberg - Arafat chiuse gli occhi. Ma ci furono altre coincidenze misteriose. Nel mio secondo romanzo un convoglio diplomatico che portava degli emissari americani a Gaza veniva fatto esplodere. Due settimane prima che il libro uscisse nelle librerie americane, quell’attentato accadde veramente». I media americani lo assalirono come dei piraña: venne definito un «moderno Nostradamus», un «veggente», un romanziere che «conosceva troppi segreti». Lui stesso era allibito.
Un mese fa nelle librerie americane ha fatto capolino il suo terzo libro, Ezechiel’s option, già in vetta alle classifiche di vendita grazie anche ad un esercito di fan che lo leggono ormai con la stessa avidità dei seguaci di Stephen King. E anche questa volta Rosenberg descrive uno scenario catastrofico che nessuno spera si avveri. Ma, giorno dopo giorno, le notizie dei giornali sembrano dar ragione alla trama, nella quale un dittatore russo, dopo la caduta di Saddam e la morte di Arafat, vuole stringere un’alleanza nucleare con l’Iran per attaccare e distruggere la Terra santa. Per farlo, il dittatore, Yuri Gogolov, presenta la risoluzione 2441 all’Assemblea generale dell’Onu per concedere trenta giorni di tempo al governo israeliano (in mano al primo ministro David Doron) per smantellare le proprie testate nucleari, prima di essere attaccato da una coalizione internazionale controllata dalla macchina militare russa.
Uno per uno, gli ambasciatori europei, succubi della dipendenza dei propri Paesi dal gas naturale di Mosca, votano a favore della risoluzione: Italia, Germania, Francia, Polonia, Gran Bretagna, fino alla Cina e agli altri membri permanenti. Il presidente americano James MacPherson, che potrebbe porre il veto e aiutare Israele, si astiene: i sondaggi sulla sua popolarità hanno raggiunto i minimi livelli storici del suo mandato, il prezzo del petrolio è alle stelle, la guerra irachena ha demoralizzato molti americani e nessuno vuole che la Casa Bianca venga coinvolta in un altro conflitto. Israele viene abbandonata a se stessa.
Rosenberg sorride: «Il giorno in cui il libro uscì, mentre facevo il giro dei soliti talk-show televisivi, accaddero tre cose incredibili. La Associated Press lanciò un’agenzia in cui si leggeva che il parlamento russo aveva concesso a Vladimir Putin di rimanere al timone della Russia per altri quattro anni; il Jerusalem Post pubblicò la notizia dell’accelerazione nucleare dell’Iran e del coinvolgimento della Russia nel training dei suoi scienziati; Saddam Hussein pubblicò il suo romanzo, al centro del quale c’era un ebreo chiamato Ezechiele e pochi giorni dopo le elezioni in Iran videro salire al comando un terrorista che annunciò di voler accelerare il programma nucleare di Teheran. Il primo a congratularsi con lui per la vittoria fu proprio Putin».
Rosenberg torna a sorridere: «Viviamo in un momento veramente pericoloso. Mentre io scrivo romanzi, si sta formando l’alleanza tra Russia ed Iran. La mia trama non è stata scritta a caso. È tratta dal Libro di Ezechiele, scritto più di 2500 anni fa e contenuto nel Vecchio Testamento. Vi si legge, nei versi 38 e 39, che una coalizione di Paesi che allora non erano ancora nati, avrebbe cercato di attaccare Israele negli ultimi giorni del mondo, prima del ritorno del Cristo».
Decifrare quella profezia, un poco come nel Codice da Vinci, porta il lettore nei mondi misteriosi di Gog e Magog. «Anche Ellie Wiesel, premio Nobel, ha scritto in un libro che vi sarà una guerra tra Gog e Magog, prima dell’avvento del Messia», aggiunge Rosenberg, che ha già ricevuto lettere dai leader israeliani e da un George Bush il quale, come lui, è un cristiano evangelico.

«Sì, sono un ebreo messianico, conosco bene i due mondi, capisco ebrei e cristiani», ammette lo scrittore che sta già scrivendo il suo quarto romanzo. S’intitola The Dead Sea Scrolls; ma quella, ancora assolutamente top secret, è la sua prossima profezia.

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