Nella lingua náuhatl degli aztechi che abitavano l'attuale Messico, le donne che praticavano il lavoro più antico del mondo erano considerate a metà strada tra sacerdotesse e benefattrici. Erano chiamate tlatlamiani che, letteralmente significa «colei che porta felicità». Appartenevano a una particolare casta, non erano soggette a nessuna forma di schiavitù né violenza, e il loro ruolo aveva un importante valore sociale e politico, soprattutto in caso di guerra con le altre popolazioni precolombiane.
«Le tlatlamiani erano molto importanti nella società azteca, soprattutto durante le guerre, perché accompagnavano i soldati per evitare che questi violentassero o rapissero le donne dei popoli conquistati», ha spiegato al Giornale, Eduardo Merlo, archeologo messicano che ha portato la mostra «Diosas y mortales» (Dee e mortali, ndr) con immagini e statue d'arte precolombiane in giro per il mondo, dal Museo Amparo di Puebla fino al Metropolitan Museum di New York. E in attesa che la pandemia si congedi, è previsto anche un tour in Europa.
«Nella cultura azteca il popolo conquistato non doveva subire le violenze che, invece, infliggevano i guerrieri maya agli sconfitti come la decapitazione e l'espianto a mani nude del cuore da offrire agli dei. Né era permesso ai conquistatori aztechi di rapire e di violentare le donne perché erano proprio le tlatlamiani che, dopo la battaglia, entravano in scena per soddisfare i guerrieri, così da preservare le donne locali». E chi tra i guerrieri aztechi non rispettava le regole ed era scoperto a violentare un'autoctona, era punito duramente con la prigionia e l'espulsione dalla casta di guerriero», ha concluso il professor Merlo.
Le prostitute, quindi, partivano per la guerra assieme ai guerrieri, erano protette e nutrite e rispettate. Apprendevano le basi per combattere, sapevano maneggiare lance e coltelli, ma non era permesso loro di scendere in combattimento, potevano soltanto difendersi. E chi osava violarle, era condannato a morte. Inoltre, gli aztechi, come i calciatori in ritiro, non potevano compiere attività sessuale il giorno prima di una battaglia, ma era tutto rimandato ai festeggiamenti della vittoria: solo allora queste donne si concedevano per soddisfare le voglie post belliche dei soldati. Le tlatlamiani avevano un'età compresa tra i venti e quarant'anni, molte di loro erano orfane di guerra o provenivano da famiglie di commercianti e politici.
«Godevano di una doppia paga: un onorario concesso dalla casta che governava per i loro servizi di guerra e uno da parte dei clienti», ha aggiunto il professor Merlo. Infatti, le prostitute nei periodi di pace, esercitavano normalmente la loro professione presso abitazioni comode, pulite e vigilate. In caso di guerra erano reclutate dai sacerdoti con la supervisione degli alti gradi militari. La storia dei popoli precolombiani racconta che la più famosa delle tlatlamiani si chiamava Malintzin, ribattezzata cristianamente Marina, conosciuta meglio come «la Malinche». Di famiglia aristocratica, fu l'amante del condottiero e nobile spagnolo Hernán Cortés Monroy Pizarro Altamirano, che visse tra il XV e il XVI secolo e fu il primo e il terzo Governatore della Nuova Spagna, un territorio che includeva tutti gli stati dal Messico fino alla Costa Rica, e, al Nord, dal Texas fino al Wyoming.
La Malinche imparò molto velocemente la lingua spagnola dei conquistadores e oltre a diventare amante del condottiero estremegno, fece da interprete tra i politici aztechi e gli spagnoli invasori. Fu lei, Marina, a presentare Hernán Cortés all'imperatore Motcuhzma Xcoytzin, conosciuto come Montezuma II, sovrano del potente Impero azteco: la donna fu presente in tutte le trattative diplomatiche per porre fine alla guerra tra aztechi e spagnoli, così da arrivare alla fondazione della Nuova Spagna, un stato con iberici e precolombiani.
«La Malinche, come tutte le prostitute, era una donna molto curata, indossava gioielli e vestiva elegante con capelli curati e adornati di fiori. Si decorava parti del corpo con disegni. Inoltre le tlatlamiani erano le uniche donne a indossare i sandali, come scrive nelle sue memorie il frate missionario spagnolo Bernardino de Sahagún», ha raccontato il professor Merlo, curatore della mostra messicana. «Erano le uniche donne che potevano decidere se sposarsi o no e godevano di una protezione speciale da parte dei politici. Erano devote alla «dea del Mais» Centeotl che dava loro da mangiare, alla dea Chalchiuhtlicue «che sorvegliava le acque», alla «dea della Bellezza e dei Fiori» Xochiquetzal e, ovviamente, alla «dea del Sesso» Tlazolteotl».
Con l'arrivo dei conquistadores nel XVI secolo, pur con la protezione delle loro potenti dee azteche, le tlatlamiani finirono nelle mani del nuovo dio cristiano e, soprattutto, della Chiesa di Roma che impose un modello di società in cui le prostitute, sacerdotesse rispettate e venerate, divennero donne discriminate, spesso condannate a morte e isolate. «La cultura iberica portò lo sfruttamento del corpo femminile, i protettori che riducevano le donne azteche in schiavitù e le rapivano per poi indurle alla prostituzione, come già avveniva in Europa».
Così le tlatlamiani fino a quando resistette la cultura azteca nella Nuova Spagna, furono rispettate e venerate, poi si mischiarono con le comuni prostitute spagnole che incominciavano ad arrivare dal vecchio continente.
Il machismo, con il concetto sbagliato che l'uomo avesse sempre la priorità sulla donna nei suoi bisogni sessuali, aveva cancellato per sempre il ruolo sociale, culturale e persino diplomatico delle prostitute azteche, che avevano impedito gli abusi e le violenze sessuali in guerra e i femminicidi per intere generazioni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.