Salumi calabresi, piccanti tentazioni anticrisi

Il fascino immortale della salsiccia o lo sfarzo mai barocco della soppressata. La generosità orgogliosa del capocollo o la tradizione laboriosa della pancetta. Una scelta che mette imbarazzo. Che parte dalle tinte vive, accese, salutari di questa galleria di tentazioni; si propaga agli odori, così pieni e particolari. Fino all’invasione del sapore. Delicato oppure, meglio, aggressivo. Sarà per questa combinazione di pregi che i romani vanno pazzi per i salumi di Calabria. Tutti, in blocco, senza distinzione. Li cercano in supermercati e negozi e li vaccinano dalla crisi, visto l’aumento di vendite pari all’11 per cento da gennaio a marzo, mentre il comparto boccheggia.
«Diffidate però dalle imitazioni», avverte Ernesto Madeo, presidente del consorzio di tutela dei salumi di Calabria dop. Esigete cioè che quelli che comprate siano d’origine protetta. «In questo modo - spiega - avrete la garanzia che la lavorazione è stata naturale al 100 per cento». Anche la medicina è della loro parte, quella dei salumi, s’intende. Parola di Bruno Amantea, ordinario presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università di Catanzaro: «Quando si parla di salumi di Calabria dop, i maiali vengono allevati allo stato brado o semi brado. Questo fa sì che il grasso contenuto nelle loro carni sia meno dannoso perché più ricco di Omega 3. Il peperoncino consente l’utilizzo di una quantità minore di sale e contiene sia un’alta percentuale di vitamina C, sia la capsaicina, che accelera il metabolismo dei “grassi cattivi” e ne impedisce il deposito».
Il vero punto di forza è dunque il peperoncino calabrese, semplicemente inimitabile. Essenza della ’nduja, condimento per tutti i piatti.

Mancherebbe solo l'ingrediente segreto, ma Madeo non ha problemi a svelarlo, tanto non è brevettabile: «L’aria di Calabria svolge il compito più importante. Conferisce ai salumi quel sapore unico a cui è impossibile dire di no».

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