Scusate il ritardo. Sessant'anni dopo, palazzo Barberini diventa infatti la sede stabile e definitiva della Galleria di arte antica. Era infatti il lontano 1949 quando lo Stato ne acquistò la proprietà per realizzare un progetto nato nell'ancora più lontano 1883, all'indomani dell'unità di Italia e di Roma Capitale. Ma il progetto restò sulla carta. Lavori infiniti, bracci di ferro tra istituzioni, snervanti contese condominiali hanno impedito la sua realizzazione: l'intero piano terra è stato occupato fino al 2006 dal circolo ufficiali delle forze dell'ordine, mentre altri spazi sono tutt'ora assegnati all'istituto di Numismatica.
Ma adesso la pagina è fimalmente girata e il pubblico ha a disposizione una delle più principesche regge barocche di Roma. Nel palazzo troveranno finalmente sede stabile oltre 500 opere tra i maggiori capolavori dell'arte italiana ed europea. Un elenco lunghissimo e prestigioso, che parte dalla Madonna Advocata della prima metà dell'anno Mille per arrivare a Caravaggio e ai caravaggeschi, passando per Pietro da Cortona, il Perugino, Filippo Lippi, Nicolas Poussin. Senza contare che Palazzo Barberini, con i suoi due scaloni monumentali disegnati da Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, con le sue sale affrescate e la meravigliosa Sala delle Colonne (che il circolo ufficiali utilizzava come deposito delle derrate alimentari, senza sapere che sotto l'intonaco c'erano affreschi e trompe l'oeil), rappresenta «un museo che è anche mostra di se stesso», come spiega la direttrice regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio, Federica Galloni.
La riapertura va a colmare una lacuna storica gravissima, che privava Roma di una Galleria nazionale che stesse alla pari con quelle delle altre grandi capitali europee e mondiali. «Progetti come questo devono contraddistinguere una grande nazione come l'Italia», dice Francesco Giro, sottosegretario per i Beni culturali, presentando assieme al ministro Sandro Bondi l'apertura del nuovo spazio. «Sono onorato di poter tagliare il nastro di questa inaugurazione, ma bisogna ringraziare anche tutti i ministri della cultura che mi hanno preceduto, a partire da Alberto Ronchey, il primo ad avere avuto questa intuizione, fino a Freancesco Rutelli», dice Bondi che punta l'attenzione su quanto di buono si riesca a fare in Italia quando si riesce a lavorare sul solco tracciato dai governi precedenti: «Quando mettiamo da parte le polemiche, siamo in grado di fare bene e in fretta. Abbiamo ottenuto un grande risultato ma non mi accontento. Bisogna rendere autonomi i più grandi musei dal punto di vista finanziario e gestionale». Senza eliminare i controlli da parte delle soprintendenze, già impegnate su mille altri fronti.
Ma per avere buoni frutti, come nel caso del restauro di palazzo Barberini, c'è bisogno anche di quella che il ministro definisce «arma segreta», ossia uno stretto rapporto tra il mondo della cultura e l'impresa. L'obiettivo ora è consolidare il successo raggiunto con il riscontro da parte del pubblico. «Ci siamo riproposti - racconta il direttore generale Mario Resca - di raddoppiare il numero di visitatori della galleria, portandoli entro un anno dagli attuali 100 mila a 200 mila».
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