Finiremo per importare chirurghi

La passione non compensa più le difficili condizioni ospedaliere

Luigi Cucchi

«Le burocrazie, gli organici ridotti, le carriere bloccate, il precariato dei giovani con formazione post laurea non omogenea e mancanza di prospettive, il contenzioso medico legale ed i vincoli economici, sono i fattori che hanno privato di presente e di futuro i chirurghi, a partire da quelli più giovani». É un fiume in piena il professor Diego Piazza, presidente dei chirurghi ospedalieri italiani (Acoi). Sono 7500 i chirurghi che fanno parte di questa associazione, ad essi si aggiungono 1500 chirurghi universitari. «Tra cinque anni in Italia mancheranno i chirurghi, dovremo importarli dall'estero», afferma Piazza, chirurgo catanese, 56 anni, direttore della chirurgia 1 del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania. Alla fine degli anni '80 ha trascorso 7 anni alla chirurgia toiracica dell'univercità di Toronto. «La necessità di investire di più sul personale medico e meno su quello amministrativo è un'esigenza che abbiamo posto da anni, purtroppo inascoltati. Negli ospedali le assunzioni sono crollate, gli organici ridotti all'osso, il superlavoro eccessivo, i turni di 12 ore e le notti e le reperibilità vincolanti e mal retribuite azzerano l'entusiasmo dei giovani medici chenon vogliono più intraprendere questa specialità. Un chirurgo, dopo 6 anni di università e 5 di specializzazione, guadagna poco più di 2500 euro al mese, sono i peggio pagati in Europa e rischiano ogni giorno una denuncia ed una condanna penale». Solo a Milano i parenti dei pazienti hanno presentato oltre 30mila denunce per ipotetici errori compiuti in sala operatoria, Avvocati aggressivi offrono il patrocinio legale,remunerato dopo la sentenza. La medicina difensiva spinge il chirurgo ad evitare gli interventi più rischiosi. La grande passione, l'amore per il proprio lavoro, l'empatia per il paziente, non riescono ad alimentare le iscrizioni alle scuole di specialità che sono crollate. Inoltre le scuole vengono chiuse perchè mancano i fondi finanziari per gli specializzandi voluti dalla Comunità europea. Dalla Lombardia gli specializzandi in chirurgia pediatrica devono recarsi a Padova.

«Indispensabile prosegue Piazza - una inversione di tendenza. I professionisti validi vanno ben pagati e la loro professionalità incentivata. Le sale operatorie devono lavorare a tempo pieno, diminuendo le liste di attesa e la formazione va ripensata. La chirurgia maggiore e quella oncologica vanno riservate ai grandi ospedali. É necessario adeguare la professione del chirurgo agli standard europei, sia i doveri che i diritti. Ogni ospedale dovrà avere una struttura che permetta al chirurgo di effettuare prestazioni di qualità in sicurezza, il chirurgo non va più considerato un amministrativo, un burocrate della sanità. Quando si indicano percorsi di efficienza clinica si pensa al progetto del Regno Unito, dove il Governo ha deciso di finanziare la diffusione della chirurgia laparoscopica e dell'innovazione. L'Italia, a pari numero di abitanti, ha tre volte gli ospedali del Regno Unito. Le strutture più piccole dovrebbero restare come presidi sanitari territoriali». I chirurghi anziani devono essere destinati alla didattica e non alle guardie mediche.

A Roma, nei giorni scorsi, nell'ambito del Congresso congiunto di 27 Società scientifiche di chirurgia, si sono affrontai questi problemi e durante un workshop si è fatto il punto sulla chirurgia mininvasiva che in Italia si attesta intorno al 29% in Eoropa al 32. La chirurgia robotica è solo agli albori in Italia.

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