“Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci a esprimerlo con le parole”. La frase della splendida canzone Un matto (Dietro ogni scemo c'è un villaggio) di Fabrizio De André, rende bene l'idea di cosa significhi non riuscire ad esprimersi nella vita di tutti i giorni. È quello che prova quotidanamente chi soffre di balbuzie e di disturbi legati alla voce. Un problema serio, purtroppo molto sottovalutato comparato alla portata che ha nella vita di chi ne soffre. "Una fatica che condiziona in ogni istante della propria esistenza" racconta la psicologa ed ex balbuziente Valentina Letorio. In occasione della Giornata internazionale della consapevolezza della balbuzie, che si celebra il 22 ottobre in tutto il mondo, Giovanni Muscarà, ex balbuziente, fondatore del Centro Medico Vivavoce e vice-presidente dell’Associazione Vivavoce, invita a puntare con decisione i riflettori su questo disturbo dal profondo impatto sociale, molto più diffuso di quanto si possa percepire.
Nel mondo ne soffre circa l’1,5% della popolazione. Nel nostro Paese la balbuzie interessa circa 1 milione di persone e colpisce 150.000 giovani sotto i 18 anni. L’età di esordio del problema, in media, è intorno ai 33 mesi di vita: nell’88% dei casi regredisce naturalmente entro i 6 anni di età, negli altri casi le manifestazioni sono molto variabili, e si presentano in forme differenti in termini di frequenza, durata e tipologia.
Cos'è la balbuzie?
Esistono diverse definizioni: in sostanza, si tratta di una involontaria ripetizione dei suoni o il loro prolungamento, che spesso include anche esitazioni, pause o blocchi, udibili o silenti. Le manifestazioni della balbuzie variano da persona a persona e in ogni individuo si presentano in forme differenti per:
- frequenza (può manifestarsi solo in rare e specifiche situazioni e non in altre)
- durata (non è sempre costante),
- severità (è di intensità variabile),
- tipologia (si manifesta anche tramite l’utilizzo di intercalari e interiezioni, frasi brevi e spezzettate, sinonimi, giri di parole o cambi nel ritmo del discorso),
- comportamento (la balbuzie è anche silenzi e rinuncia a comunicare o a fare).
Giovanni Muscarà racconta: “Uno dei grandi problemi che riguardano la balbuzie è che tutti pensano di sapere cosa sia ma in realtà ciascuno (il genitore, l’insegnante, ma spesso anche il medico) ha solo una propria visione della difficoltà, che giudica e definisce in base al proprio filtro culturale”. “Alla balbuzie si associa una determinata forma (ripetizione) ma anche un determinato stereotipo, che si materializza nella figura di un individuo un po’ ansiogeno. Sono cresciuto con la gente che mi rideva in faccia quando mi sentiva parlare. Per questo, mi addolora quando in una trasmissione televisiva, come è successo di recente a Tù sì que vales, si usa la balbuzie come pretesto per far ridere la gente. Se i bambini sentono un noto personaggio televisivo che deride un balbuziente, si sentono legittimati a deridere un loro compagno che balbetta. Le conseguenze di questo, sono terribili. Le persone devono essere libere di non essere giudicate per il modo in cui parlano, così come per il loro orientamento sessuale o la loro forma fisica: per quel che riguarda la balbuzie il percorso da fare è ancora molto lungo ma qualcosa di concreto si può fare. Ho voluto fortemente la creazione di un centro per aiutare le persone con problemi di comunicazione, per risparmiare a tanta gente la fatica che ho fatto io perché la balbuzie è un disturbo devastante: se la società ne sapesse di più sulla balbuzie forse ne riderebbe di meno”.
Balbuzie e il bullismo parla la psicologa
"A differenza di quanto si pensi, la balbuzie non è solo ripetere sillabe o suoni, ma è anche fatica, paura, vergogna e, ancora troppo spesso, discriminazione ed esclusione sociale. A scuola, a queste esperienze negative si affianca il rischio di derisione e di bullismo. Alcune ricerche confermano che le carenze nelle abilità sociali dei bambini dovute a difficoltà nel comunicare “attirano” l’attenzione dei bulli. Inoltre, i bambini con disturbi specifici del linguaggio sarebbero 3 volte più a rischio di bullismo rispetto ai pari (fonte: Hughes 2004, Hartley 2015, Hymel 2015)" dice la psicologa Valentina Letorio, ex balbuziente, tra le fondatrici dell’associazione. Altri studi evidenziano una maggior percentuale di episodi di bullismo nei soggetti balbuzienti (30%) rispetto al campione di normo fluenti (14%). Il bullismo amplifica, anche nel tempo, vissuti spesso già associati alla balbuzie (ansia sociale, paura di insuccesso, senso di insoddisfazione). In particolare, consolida l’idea che ‘io sono la mia balbuzie’.
“Ciò che suggerisce la nostra esperienza come Associazione, e quindi come punto di raccolta di esperienze e testimonianze, è che la balbuzie sia talmente limitante che spesso chi balbetta arriva con il tempo a identificarsi con essa. Questa idea si radicalizza col passare degli anni e spesso emerge in modo prepotente in età adulta, ma è nell’infanzia che si innesta e cresce. Il bullo consolida questa percezione: Tu sei il tartaglia” afferma la psicologa.
"Sensibilizzare sulla balbuzie significa proprio far conoscere meglio questo disturbo e promuovere una maggior comprensione di questo fenomeno, delle sue cause e delle sue conseguenze. L’Associazione Vivavoce nasce proprio per rendere viva la voce di chi soffre di disturbi legati alla comunicazione, per contribuire a rendere ogni persona libera di essere sé stessa potendo esprimere senza nessuna limitazione il mondo che ha dentro, attraverso un servizio di supporto gratuito per tutti. Lo sportello SOS 0-99 risponde ad alunni, genitori e docenti in merito a dubbi, esigenze, difficoltà della gestione in relazione a situazioni di disturbi del linguaggio, dell’apprendimento e della sfera emotiva".
L’Associazione Vivavoce si occupa anche di formazione dei docenti a vari livelli (scuola dell’infanzia, primaria e secondaria) tramite progetti personalizzati per la comprensione del fenomeno e l’individuazione di potenziali campanelli d’allarme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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