I sei bambini curati con i geni trasportati dal virus dell'Aids

Il virus Hiv può essere disarmato e addomesticato per diventare un cavallo di Troia capace di portare i geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie

Il modello del virus dell'Hiv, responsabile dell'Aids
Il modello del virus dell'Hiv, responsabile dell'Aids

Ora Jacob può giocare e andare a scuola senza il terrore di ammalarsi per una banale infezione. Può correre per casa come tutti i bimbi di tre anni, senza indossare quell’elmetto che prima lo proteggeva dal rischio di gravi emorragie in caso di caduta. Il suo sguardo curioso e la vivacità dei suoi movimenti sono la testimonianza più bella del successo raggiunto con la nuova terapia genica targata San Raffaele e Telethon per due gravi malattie ereditarie, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich.

Da temuto nemico a prezioso alleato: il virus Hiv responsabile dell’Aids può essere disarmato e addomesticato per diventare un perfetto cavallo di Troia, capace di insinuarsi nelle cellule trasportando i geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie. Il risultato, celebrato da una doppia pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science e presentato ieri durante un’affollata conferenza stampa, si deve all’intuizione di Luigi Naldini, oggi direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano. Proprio lui, nel 1996, pensò di disarmare il temutissimo virus Hiv per trasformarlo in un efficiente cavallo di Troia che trasporta i geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie arrivando fino alle cellule dell’inaccessibile sistema nervoso centrale. Dopo anni di esperimenti in laboratorio per valutare sicurezza ed efficacia della terapia genica sulle cellule staminali del sangue, nel 2010 è partita la sperimentazione su sedici giovani pazienti da tutto il mondo, di cui sei affetti da una grave malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica (la malattia di Sofia al centro del caso Stamina), e dieci colpiti da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Dopo tre anni, ecco i primi frutti. Jacob (3 anni, americano), Canalp (4 anni, turco) e Samuel (9 anni, di Roma), tutti affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich, sono potuti quasi rinascere. "La nostra ricerca dimostra che la terapia genica è diventata ormai una valida alternativa al trapianto di cellule da donatore quando questo non sia disponibile - ha spiegato Naldini - ci suggerisce anche il disegno per nuove terapie per malattie più diffuse, in cui le cellule del sangue potrebbero essere "armate" per combattere un’infezione o un tumore".

"Nella sindrome di Wiskott-Aldrich le cellule del sangue sono direttamente colpite dalla malattia e le staminali corrette hanno sostituito le cellule malate, dando luogo a un sistema immunitario funzionante e a piastrine normali. Grazie alla terapia genica i bambini non vanno più incontro a emorragie e infezioni gravi e possono correre, giocare e andare a scuola", ha raccontato Alessandro Aiuti, responsabile dell’unità di Ricerca clinica pediatrica del Tiget, in collegamento con il San Raffaele via Skype dalla casa del piccolo Jacob a Philadelphia. Ottimi risultati sono stati ottenuti anche su Mohammad, ragazzino libanese di soli quattro anni, l'americano Giovanni (3 anni) e l'egiziano Kamal (3 anni), i primi tre pazienti trattati per la leucodistrofia metacromatica: la malattia, aggredita prima della comparsa dei sintomi, è stata arrestata. "Il caso più eclatante è quello di Mohammad, il primo si cui siamo intervenuti", ha spiegato Alessandra Biffi, che ha coordinato questa seconda ricerca. "Ha iniziato la terapia quando aveva solo 16 mesi: dopo la settimana di cura e i due mesi di osservazione in ospedale, è tornato alla sua vita.

È sopravvissuto ai due fratelli maggiori, morti per la stessa malattia, e ormai - ha, quindi, concluso la ricercatrice - ha raggiunto in buona salute un’età a cui nessun paziente era potuto arrivare in simili condizioni".

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