Un doppio tumore ai reni, 9 centimetri al sinistro, 3 al destro. Più metastasi al fegato, ai polmoni, alle ossa, alla milza e sotto la corteccia cranica. La storia di Pietro Gelsomino, 55 anni, napoletano ha commosso il popolo di Facebook. Perché la racconta il figlio Amedeo che, cinque anni fa, al momento della tragica diagnosi, aveva 28 anni. Perché al Cardarelli di Napoli non sapevano come rivoltarlo quest’uomo ancora giovane, eppure sfiancato dal male. Perché è stato Amedeo a trovare su internet che l’adenocarcinoma renale metastatico si ferma con la cura Di Bella. Ma questa storia ha commosso anche perché la famiglia Gelsomino si è trovata senza più i soldi per sostenere la terapia e da un anno e mezzo “papà fa la cura saltuariamente, un giorno sì e uno no. Eppure il tumore si è fermato”. Eppure.
“Tutto comincia nel 2003 quando papà ha due coliche renali ravvicinate e violente. In ospedale l’ecografia conferma la presenza di un calcolo, ma i medici tranquillizzano: ‘Lo frantumeremo quando darà ulteriori problemi’. Nessun disturbo fino al 2007: terza colica, stessa trafila. Questa volta però l’esito catastrofico della tac ci spalanca l’anticamera dei condannati a morte: ricovero urgente, accertamenti immediati. Il medico di famiglia che scuote la testa, noi due figli che ci agitiamo come zombi prestati a un altro pianeta. Papà entra in ospedale alla fine di febbraio e ci resta per tre settimane”.
Lo operano?
“No. Dapprima i medici individuano le metastasi, poi si consultano: chemio prima o dopo? Intervento sì, no, forse. Prevale la soluzione del primario: togliamo il rene sinistro e iniziamo la chemio ma bisogna fare in fretta. Domando: "se non facciamo nulla che succede?" "Aspettativa di vita? Due o tre mesi e poi dovete imbottirlo di morfina”. Passo le notti su internet, mi addormento con il computer acceso, la testa sul braccio e il caffè che cola giù dalla scrivania. Trovo di tutto: il frate che cura i tumori con un impasto di miele e aloe, quello che mette il bicarbonato, il medico di Prato che applica un metodo canadese. Chiamo quest’ultimo ma i farmaci costano 4mila euro al mese e riattacco sconsolato".
E poi?
“Telefono a tutti i medici che mi consigliano i conoscenti, da una città all’altra, le giornate mi passano addosso come strumenti di tortura, inizio a focalizzare il pensiero più terribile: come morirà papà? Io ci sarò in quel momento? Trovo su internet notizia di un medico americano che ha curato la moglie da un adenocarcinoma renale con il metodo Di Bella. Mi torna in mente il vecchietto che andava a Porta a Porta, quello che muoveva le folle. Cerco sul sito, leggo gli studi, contatto Giuseppe Di Bella. Ho il coraggio di rifiutare la proposta del primario del Cardarelli, l’intervento e la chemio. Nel settembre 2007 papà inizia la cura Di Bella, lo segue una dottoressa di Napoli. I risultati sono sorprendenti”.
Ossia?
“Ogni tre-quattro mesi si rimpiccioliscono le metastasi e le masse ai reni, progressivamente”.
Quanto vi è costata la terapia?
“Circa 700 euro al mese. La nonna ci dava 300 euro della sua pensione, tutti i parenti si tassavano dandoci 50 euro al mese, noi figli aggiungevamo il resto. Devo ringraziare la dottoressa Carmen Valese che più di una volta ci ha regalato lei la somatostatina…”
Ma è vero che il papà ha interrotto la cura un anno e mezzo fa?
“Morta la nonna non avevamo più il sostegno della sua pensione, papà ha iniziato a dilazionare i farmaci per farli durare più a lungo, in pratica segue la terapia per metà mese”.
Ma come vanno gli esami?
“C’è ancora una piccola massa sul rene sinistro, il tumore di 3 centimetri è sparito, le metastasi pure, certo se potesse continuare tutti i giorni…”.
Lei ora è così felice che appiccica post-it in giro.
“Sì.
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