Tipica dell'età pediatrica, questa forma di cancro colpisce ogni anno due persone su un milione. Tale quota rappresenta l'1% di tutte le neoplasie del sistema nervoso centrale. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è di poco superiore al 60%. Valori più alti (tra il 70% e l'80%) si registrano, invece, limitatamente ai soggetti adulti. Il medulloblastoma è un raro tumore al cervello che, molto probabilmente, prende origine dalle cellule progenitrici indifferenziate del cervelletto. Appartenente alla categoria dei carcinomi primitivi neuroectodermici dell'encefalo, è questa una neoplasia a crescita molto rapida e con un elevato potere infiltrativo.
Il medulloblastoma è il risultato di una mutazione genetica del Dna in grado di avviare un processo anomalo di divisione e accrescimento cellulare. La causa è ancora sconosciuta, esistono tuttavia alcuni fattori di rischio. Innanzitutto sotta la lente di ingrandimento vi sono due malattie congenite, ovvero la sindrome di Turcot e quella di Gorlin. Si è inoltre constatato che più della metà dei casi di questa tipologia di cancro interessano i soggetti di sesso maschile. I bambini di razza caucasica, poi, si ammalano con maggiore frequenza rispetto ai coetanei di origine afro-americana.
L'intensità e la complessità del quadro sintomatologico varia da paziente a paziente, a seconda della posizione e della grandezza della massa tumorale. Una delle prime manifestazioni del medulloblastoma è l'aumento della pressione endocranica a causa dell'edema o di un'ostruzione al normale flusso del liquido cerebrospinale. La pressione elevata provoca mal di testa, nausea e vomito (specialmente al mattino), svogliatezza, alterazioni dell'appetito. Con l'avanzare della malattia compaiono altri segni clinici, tra cui:
- Deficit di coordinazione, il soggetto cade frequentemente e assume strane andature;
- Cambiamenti della personalità e del comportamento;
- Vertigini;
- Perdita della sensibilità facciale;
- Problemi di vista, in particolare diplopia (visione doppia);
- Paralisi del VI nervo cranico e nistagmo, ovvero di una condizione caratterizzata dal movimento involontario, rapido e continuo degli occhi;
- Papilledema, ossia edema della papilla ottica.
La fenformina, un farmaco che fino a qualche tempo fa veniva prescritto per curare il diabete, è in grado di bloccare la progressione del medulloblastoma. A questa conclusione sono giunti gli scienziati dell'Università La Sapienza di Roma, dell'Istituto Pasteur Italia e dell'Istituto Italiano di Tecnologia, tutti coordinati da Gianluca Canettieri. La ricerca, sostenuta dalla Fondazione Airc, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Cell Reports. Lo studio italiano ha finalmente svelato il meccanismo biochimico alla base della fenformina. Il principio attivo di questo farmaco agisce su una specie di interruttore cellulare, l'mGPD, che si trova nei mitocondri.
Esso provoca un'alterazione dello stato di carica elettrica interno alla cellula tumorale. Tale alterazione determina, poi, una inibizione della crescita tumorale. La fenformina si comporta, quindi, come una batteria al contrario, carica le cellule cancerose per poi spegnerle.
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