Nuove terapie più efficaci per le malattie del sangue

Luisa RomagnoniDalla tradizionale chemioterapia, ai più recenti anticorpi che stimolano il sistema immunitario, nel controllare il tumore. In circa vent'anni, la terapia delle neoplasie del sangue, ha compiuto passi in avanti sostanziali. A sottolinearlo sono anche le evidenze emerse dal 57° Congresso dell'American Society of Hematology (Ash), tenutosi in questi giorni a Orlando. Un'occasione che ha registrato la presenza di oltre 20mila esperti, provenienti da tutto il mondo. Novità rilevanti, riguardano soprattutto l'ambito del mieloma. Un tumore raro del sangue, caratterizzato da momenti di remissione e recidiva, rappresenta circa l'1 per cento di tutti i tumori (3-4mila nuovi casi ogni anno), molto aggressivo. «Il mieloma è uno dei settori più vivaci della ricerca», spiega Fabrizio Pane, presidente della Società italiana di ematologia (Sie). «Oggi abbiamo quattro categorie di farmaci a disposizione: gli inibitori del proteasoma che hanno realmente cambiato la terapia del mieloma, portando la sopravvivenza da circa 2-3 anni dalla diagnosi, ad almeno 5-7 anni; i farmaci immunomodulatori (Imids), come ad esempio talidomide; gli anticorpi monoclonali e gli inibitori del check-point. Con parecchi rappresentanti per ogni categoria, da utilizzare in combinazione». Uno studio (Endeavor), appena pubblicato su The Lancet Oncology, dimostra la possibilità di raggiungere risultati superiori nel mieloma multiplo recidivato, con l'impiego di carlfilzomib (il primo degli inibitori del proteasoma di nuova generazione, per il trattamento del mieloma multiplo) e desametasone a basso dosaggio, rispetto alla combinazione standard bortezomib e desametasone: 18,7 mesi contro 9,4 mesi di sopravvivenza libera da progressione.

Nuovi scenari terapeutici, si aprono anche per un'altra patologia oncoematologica rara, la leucemia linfoblastica acuta (LLA, più frequente in età pediatrica). In uno studio (Alcantara), l'impiego di una molecola blinatumomab, capostipite di una nuova classe di anticorpi monoclonali ha indotto una remissione della malattia nel 36% dei pazienti.

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