Smettere di fumare è il grande desiderio di chi ne è dipendente, spesso gli stop volontari finiscono con fallire, magari dopo qualche mese di astinenza faticosa. Secondo alcuni studi condotti negli anni, e pubblicati sulla rivista Current Biology, a interferire sarebbe una predisposizione di tipo genetico. Una variante colpevole di recidive e ricadute, come osservato attraverso i test effettuati sui topi.
Il ruolo da protagonista, come sempre, è della nicotina ovvero una sostanza psicoattiva presente all'interno delle sigarette e in grado di legarsi ai recettori nicotinici attivi nel cervello. Questo collegamento permette il rilascio della dopamina e di altri potenti neurotrasmettitori in grado di agire sull'umore, garantendo quella sensazione di benessere momentaneo dato dalle boccate di sigaretta.
Ma un tiro dopo l'altro la nicotina assolve al suo compito, i ricettori nicotinici giungono a saturazione e non si ha più quella sensazione di serenità fittizia provata fumando. La pausa tra una sigaretta e l'altra permette al meccanismo di ritornare operativo, e ai ricettori di ritornare attivabili, un comportamento ripetitivo che porta all'assuefazione e alla dipendenza. Ma il consumo è strettamente personale perché dato dalla singola sensibilità dei ricettori nicotinici, presenti in cinque sottoclassi.
Per comprendere il procedimento legato alla dipendenza è stato effettuato uno studio, condotto da un team di scienziati dell'Institut Pasteur e del francese CNRS, in collaborazione con l'Università della Sorbona e l'Istituto Nazionale francese per la Salute e la Ricerca Medica, che ha rivolto l'interesse nei confronti del gene CHRNA5. Una modifica dello stesso è associata alla dipendenza da nicotina, il gene codifica una particolare sottoclasse di recettori nicotinici.
Protagonisti dello studio, come sempre, dei topolini da laboratorio a cui è stata introdotta questa particolare mutazione genetica che li ha condotti a un consumo maggiore di nicotina, con dosi più corpose e con ricadute evidenti dopo periodi di astinenza da sigaretta prolungata. A causa di questa modifica genetica gli studiosi hanno riscontrato una riduzione dell'attività in un'area cerebrale, noto come nucleo interpeduncolare.
È proprio in questa zona che alberga la maggiore concentrazione della classe di recettori
nicotinici codificati dal CHRNA5. Secondo il team di esperti l'impiego di medicinali in grado di attivare l'area, al posto della nicotina, potrebbero impattare sul consumo di tabacco e sulla relativa dipendenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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