Santoro "usa" Montanelli Ma il suo teorema fa flop

La trasmissione, col ritorno di Vauro, cerca di dimostrare che i direttori sono "zerbini". Gli ospiti fanno crollare la tesi: anche Mieli, che si schierò con Prodi

Santoro "usa" Montanelli 
Ma il suo teorema fa flop

Poveretti (senza offesa, naturalmente) stavolta sono stati Santoro e i suoi: non gliene è andata bene una, ieri ad Annozero. Avevano organizzato una puntata che, partendo da Montanelli, doveva attaccare di nuovo il Giornale e dimostrare il seguente teorema: giornalisti come il compagno Indro non ce ne sono più, oggi sono tutti asserviti al potere, cioè a Berlusconi, cioè al nuovo fascismo. Siamo nel «paese dei manganelli», diceva il titolone che dominava la scena.

Dovevano dimostrare tutto questo ma nessuno degli ospiti ha tenuto bordone né a Santoro né a Travaglio. Non Belpietro. Ma Belpietro, va be’, è stato direttore del Giornale. Però neanche Mieli, il direttore dell’endorsement pro-Prodi. E neanche Mentana, che non è proprio un berlusconiano. Perfino Gad Lerner in collegamento da Lampedusa è stato fiacco fiacco. Tanto è vero che a un certo punto Michele Santoro era così sconsolato che si è girato verso Margherita Granbassi e le ha detto: sentiamo qualche giovane fra il pubblico, magari viene fuori qualcosa di un po’ diverso. Così han potuto dare la parola a un giovane giornalista di un sito web di provincia - un soggetto che pareva uscito da Bianco Rosso e Verdone - che a furia di «cioè, sono un sacco democratico» ha potuto denunciare la censura, il regime, e così via.

Non gliene è andata bene una davvero. Perfino l’attesa gag di Sabina Guzzanti (irriconoscibile, una volta era molto più brava) si è esaurita in un’interminabile imitazione non del Cavaliere ma di Anna Finocchiaro (Pd). Santoro la guardava preoccupato e non faceva neanche finta di ridere, alla fine è partito qualche applauso più di pietà che di circostanza.

Ma andiamo con ordine. La puntata sul «paese dei manganelli» è partita con un nuovo attacco al Giornale. Non è vero, ha detto Santoro, che ho dato dei poveretti ai lettori (e qui basta rivedere il filmato, per giudicare se tutto il tono del discorso di Santoro non era di presa per i fondelli). Ci accusa poi di aver invocato la chiusura della sua trasmissione denunciandone i costi, ed è una balla. Dopo di che, tutto il taglia e cuci su Montanelli ha un duplice obiettivo: attaccare ancora il Giornale e porre una domanda retorica: ci sono ancora giornalisti con gli attributi, in grado di garantire una libertà di informazione? Oppure il berlusconismo ha appiattito tutto?
Si è partiti con un filmato di Montanelli che paventava, appunto, il rischio di una destra da manganello: più per colpa degli italiani, che volentieri si sottomettono a un despota, che per colpa di Berlusconi, diceva Indro. E tutto questo è incontestabile. Le posizioni del Montanelli degli ultimi dieci anni della sua vita sono arcinote, ed erano quelle. È inutile perfino discutere su chi avesse ragione e chi avesse torto, fra i due, al momento del divorzio: Berlusconi aveva il diritto di scendere in politica, e Montanelli aveva quello di non fare un giornale che non voleva fare.

È sul confronto fra ieri e oggi che Annozero è rimasta sola, ieri sera. Travaglio ha ricordato una telefonata del 1983 di Craxi a Berlusconi. L’allora premier socialista si lamenta per i continui attacchi di Montanelli sul Giornale e chiede a Berlusconi un intervento drastico. Berlusconi, al telefono, assicura che l’intervento ci sarà. Ma poi non chiama neppure Montanelli. Chiama Federico Orlando (allora molto craxiano, anche se oggi i suoi amici se ne guardano bene dal ricordarlo) e riferisce delle lamentele. L’aneddoto doveva servire a dimostrare che Montanelli era così forte che Berlusconi non sarebbe mai riuscito ad addomesticarlo, mentre i direttori di oggi, dice Travaglio, sono degli «zerbini». A questo punto, via al giro di pareri per dar forza alla tesi.

Ma qualcosa non funziona. Belpietro, il primo a intervenire, dice quel che chiunque lavori nei giornali sa benissimo: e cioè tutti gli editori ricevono pressioni dai politici; ma fanno solo finta di acconsentire, poi lasciano correre, e così accadde anche in quel 1983, tanto che Montanelli continuò ad attaccare Craxi e Berlusconi se ne guardò bene dal licenziarlo.

Si passa a Mieli. L’insospettabile Mieli. Chi può accusarlo di berlusconismo? Eppure le sue risposte sgretolano il teorema: «Tutti i direttori dei grandi giornali di oggi - dice - si sono distinti per non essere certo inclini a Berlusconi: diciamo che sono tutti tra l’ostile e il neutrale». Santoro sbanda, incalza, prova a insistere. Ma è come sbattere contro un muro di gomma, contro Mieli si rimbalza: «Ma in quale Stato - dice l’ex direttore del Corriere - il premier non ha mai fatto telefonate come quelle che fece Craxi a Berlusconi? Io in Italia ricordo solo Amato, come eccezione positiva. Gli altri si lamentano tutti. E badate bene che quel tipo di risposta che diede Berlusconi a Craxi a volte la danno anche i direttori di giornali. Anch’io spesso ho detto di sì al politico di turno, giusto per levarmelo dalle scatole. “Sì, sì, prenderò provvedimenti”, dico in quei casi. E poi faccio quello che voglio, cioè non prendo alcun provvedimento». Santoro abbozza, e Mieli affonda: «Guarda Michele che anche voi della tv fate pressioni, io per esempio sono stato sommerso dagli insulti per gli articoli di Aldo Grasso, e sai che cosa rispondevo? “Sì, quel Grasso va licenziato”. E Grasso ha sempre continuato a scrivere quel che voleva».

Si prova con l’episodio di Domenica In, con la conduttrice che cerca di mettere un’inutile pezza a un’innocua battuta del mago Silvan su Berlusconi. Questo è regime, perdio, si cerca di far dire a Mentana. Che però risponde che è «un po’ troppo facile prendersela con Lorena Bianchetti», e che da che mondo è mondo alla Rai, quando sono in vista le nomine dei direttori, sono sempre tutti attentissimi a non urtare il padrone del vapore.

Travaglio insiste: oggi, dice, i direttori sono molto più «permeabili» che ai tempi di Indro perché gli editori sono più deboli. Ma Mieli fa presente che «la risposta è nei fatti: al Corriere hanno appena nominato Ferruccio de Bortoli, che non è certo uno yes man del premier».

Non resta che mostrare la tragedia dei clandestini di Lampedusa. Ecco un filmato, dice Baffone Ruotolo, che i tg non hanno mandato in onda. Censura! Censura! Ma è ancora Mieli: «Oggi nascondere un fatto è tecnicamente impossibile. I mezzi di comunicazione sono infiniti, non c’è nulla che non finisca subito su Internet.

Il direttore che occultasse una notizia farebbe immediatamente una figuraccia».
È andata male, insomma, ieri a Santoro. Che però, per una volta - non sappiamo quanto volontariamente - ha mandato in onda una puntata equilibrata.

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