Tutti ne parlano dell'abolizione delle province. I sardi l'hanno fatto. Sì, perché dopo il verdetto plebiscitario del referendum popolare che ne ha spazzato via quattro di recente istituzione, il consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge sul riordino delle Province sarde dopo la consultazione del 6 maggio scorso.
Prima di procedere alla definitiva cancellazione di Medio Campidano, Carbonia-Iglesias, Ogliastra e Olbia-Tempio, sarà necessario un periodo di transizione. La legge, composta da 2 articoli e 5 commi, tiene in vita le province fino al 28 febbraio del 2013 (e non le commissaria come avrebbe voluto un'altra corrente di pensiero). Circa nove mesi in cui procedere ai vari adempimenti e alla riorganizzazione amministrativa e territoriale. Più nel dettaglio entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge, la Giunta regionale presenterà un disegno di legge per disciplinare il trasferimento ai comuni e alla Regione, entro il 31 dicembre 2012, delle funzioni amministrative attualmente attribuite dalla normativa regionale vigente alle province e il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite.
Se il Consiglio non avesse approvato la legge sul riordino delle province il consiglio avrebbe corso il rischio di essere sciolto per incapacità a legiferare, in quanto le province sono enti previsti dalla Costituzione. L'aula ha approvato la legge con 56 voti favorevoli. Hanno votato contro i Riformatori sardi, anima del Referendari sardi. Il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, ha già firmato i decreti relativi ai referendum celebrati il 6 maggio e ha promulgato la legge approvata nella giornata dal Consiglio Regionale. «I referendum del 6 maggio - ha dichiarato il presidente - hanno rappresentato un'importante occasione di partecipazione dei cittadini e allo stesso tempo un impulso deciso all'avvio di una fase di rinnovamento delle istituzioni e della politica. La Sardegna può cogliere tale opportunità per valorizzare la propria autonomia, anticipare e caratterizzare con scelte proprie i processi che avverranno sul piano nazionale. Partendo dalla volontà popolare e coerentemente con la stessa, il confronto, anche aspro e sempre preferibile al silenzio, prosegua e conduca a una riforma istituzionale che sia un chiaro segnale di rilancio della politica. La domanda di cambiamento non si esaurisce nella sola abrogazione delle province, ma abbraccia l'intero assetto della politica e della pubblica amministrazione. La configurazione di un sistema di governo del territorio che restituisca centralità ai comuni, l'istituzione più vicina al cittadino, è uno degli obiettivi da raggiungere ed allo stesso tempo un punto di partenza, non di arrivo, di un processo piu' ampio». Ci sono, naturalmente, alcuni buchi neri e alcune situazioni paradossali. Bisogna innanzitutto fare i conti con il ricorso presentato dalle province al tribunale civile di Cagliari (prima udienza il 18 ottobre). C'è poi chi teme che dietro la proroga si nasconda la fregatura, leggi rinvio sine die della creazione delle unioni di comuni che dovranno sostituirsi alle province.
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