Saviano, il "censurato" sempre in onda

E' il protootipo degli scrittori impegnati. L'autore di Gomorra è onnipresente, da La7 a Sky. Per lo show da Fazio prende 80mila euro a puntata

Saviano, il "censurato" sempre in onda

Roma - Ogni epoca ha gli eroi che si merita, e tanto per avere le proporzioni basti questo raffronto: una volta la mafia la raccontava Leonardo Sciascia, ora, nell’Italia dei talk show pseudocolti affidati alle messe cantate dei Fazio e delle Dandini, ci spetta Roberto Saviano. Il quale più che scrivere, ormai, parla, e sempre in tv. Anzi, ultimamente si è trasformato in una specie di procuratore artistico, in agente ufficiale di Benigni, Bono e Albanese per i contratti Rai. Manca poco e sarà lui, invece che Lucio Presta, a trattare con Masi il giusto compenso per l’apparizione delle anime belle (e famose) da Fabio Fazio. Già questo attivismo dovrebbe accendere un sospetto in chi ha una minima frequentazione con la letteratura: di solito lo scrittore rifugge dalle ribalte tv, mezzo che poco si addice a chi lavora sulla parola scritta. I nostri (rari) grandi contemporanei li si trova rarissimamente o mai nei salotti televisivi. È chiaro che Saviano, ormai, è qualcos’altro, non più uno scrittore ma un fenomeno di massa, un prodotto mediatico, una specie di reality vivente. Inghiottito dal mezzo televisivo e dai suoi sacerdoti, quelli in versione cultural-pedagogico corretta, tipo Fazio, Saviano ormai ne è prigioniero. La cosa sembra piacergli, tuttavia, anche se rischia di fargli cambiare mestiere, da quello - duro e ingrato - di raccogliere storie e raccontarle, a quello di vip televisivo. Una caduta verso il basso, non c’è dubbio.

Ci si era costruiti il mito dello scrittore isolato che sfida la camorra, ci siamo ritrovati con un tronista culturale, presenzialista del dibattito tv che nel giro di tre giorni, sul canovaccio trito e ritrito della censura in Rai, è riuscito a occupare un’edizione intera del Tg La7, a intervenire telefonicamente a Ballarò sul Tre e a partecipare ad Annozero sul Due. Un censurato onnipresente, ultimo di una lunga sfilza, ma da Gomorra ci si aspettava una fine più originale. Anche il cachet da Pavarotti and friends chiesto per un intervento di impegno civile, fa un effetto spiacevole. Sono ottantamila euro a puntata, come si è detto, o cinquantamila (per quattro) come ha scritto Dagospia? Non è chiaro. Ma già solo il mercanteggiare un compenso stona con la favola imbastita su Repubblica, quella dei corsari dell’impegno che sfidano il regime Rai per amore di verità. Diciamolo pure, trattasi di show, un format come un altro, nemmeno tanto nuovo, sicuramente di ottimi incassi in share. Fa parte del format, a quanto pare, la creazione di suspance tramite allarme censura, bavaglio preventivo o quel che serve per farne parlare anche settimane prima che vada in onda. Tecnica già ampiamente sperimentata in Rai dai Santoro e dai Celentano, tanto per fare due nomi, che usano oliare l’ingranaggio della loro attesa con largo anticipo, solleticando il telespettatore con la pantomima del troppo libero che viene frenato dal regime dispotico. Saviano, già scrittore, è finito in questa melassa stucchevole, che tuttavia rende bene. Anche lui adesso, come fosse una pop-star, parla del «mio pubblico», è per non tradire «il mio pubblico» che la Rai non può metterci i bastoni tra le ruote, dice lui a Mentana. Intanto, a proposito di repressioni e censure, la Mondadori berlusconiana continua a tenerselo stretto, e la berlusconiana (parzialmente) Endemol lo produce in Rai. Perchè c’è anche questo di paradosso nella telenovela di Saviano, Fazio & Benigni. Si accusa il regime berlusconiano di fare affari con la Rai (competitor di Mediaset), essendo Endemol un produttore di programmi Rai, ma poi si allarma la popolazione sul fatto che quello stesso regime punterebbe a censurare i programmi Rai, guardacaso gli stessi prodotti dalla Endemol, quindi smenandoci.

E allora, come la mettiamo? Oltre al conflitto di interessi c’è pure il conflitto di disinteressi? Ce lo spiegherà Saviano, ci contiamo. Uno che doveva diventare il nuovo Sciascia, e ha finito con l’essere solo un altro Santoro.

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