Lo scenario Il Pdl paga il prezzo più alto: la delusione dei suoi

Questa storia non è gratis. Berlusconi ha passato due giorni e due notti a cercare di chiudere la falla delle liste e delle firme. Ci ha messo la faccia, spendendo la diplomazia e qualche volta sbraitando a muso duro. Ha tallonato Napolitano, ha forzato, lo ha convinto, ha messo sul piatto della politica un decreto scritto bruciando i tempi. Alla fine ha disarcionato una sconfitta beffa dal groppone del Pdl. Ma tutto questo, appunto, non è gratis.
Lo leggi sulle facce della gente. Non quelli che urlano. Non quelli che si strappano i capelli e chiedono l’impeachment di Napolitano, complice e golpista. Non gli intellettuali di Micromega. Quell’espressione di delusione e stanchezza sta sull’ovale degli altri, di chi vota Berlusconi, di chi vuole un governo senza catene, di chi non crede alla buona fede dei magistrati, di chi non pensa che l’Italia sia un paese a libertà limitata. Il ballo degli uffici, delle scartoffie, dei candidati cancellati, risegnati, ricancellati, il Tar e questa politica che passa per i tribunali ha stancato un po’ tutti. Come si fa a fare questi casini in Lazio e in Lombardia? Il Pdl è apparso come un partito di arruffoni.
Il silenzio di Berlusconi viene anche da qui, dalla rabbia. Sa di aver vinto una battaglia faticosa, ma il prezzo politico da pagare è alto. Il peccato burocratico rischia di avere un peso ben maggiore rispetto ai tanti attacchi del passato. Il Lazio e la Lombardia costano molto di più del gossip e delle patacche mafiose di Spatuzza, più di Mills e della Maddalena. Lo dicono i sondaggi: in una settimana il Pdl ha perso tre punti. Lo dice l’istinto. La forza del premier è il fare. È la risoluzione dei problemi. Sulle candidature non è stato così. Il suo partito si è perso nei veti delle correnti, nella melma provinciale, nel sottobosco del potere, nelle ambizioni dei piccoli feudatari. Il rischio di rovinare tutto è stato altissimo.
Il Pdl, come partito, si mostra ancora incompiuto. L’innesto non è riuscito. È come se dal passato il nuovo soggetto politico avesse ereditato soprattutto le correnti. Gli ex An e i post Forza Italia si muovono sul territorio senza fidarsi. Non si riconoscono come Pdl. E se possono si boicottano a vicenda. Il sospetto che dopo le elezioni Fini si muova per conto suo, lasciandosi alle spalle anche i colonnelli, diventa ogni giorno più concreto. Il pasticcio delle liste è lo specchio di tutto questo.
Chi vota Berlusconi si aspetta una stagione di riforme, una politica pragmatica, una risposta alla crisi economica, una svolta nelle riforme istituzionali. Il guaio è che si parla di tutto tranne che di questo. La «politica politica» è stata oscurata. E questo toglie anche identità alla maggioranza. La Lega, in tutto questo, si mostra più compatta e definita. Non solo. I suoi ministri non sono più padani capitati lì per caso, ma incarnano un orgoglio e una serietà da uomini di governo. Il Cavaliere lo sa e non ne è certo contento.
Serviva un colpo lucido, senza paura, determinato per non pagare tutto il prezzo del pasticciaccio brutto. È arrivato. La partita si è riaperta solo nelle ultime ore. Cosa è successo? Berlusconi ha fatto quadrato con Napolitano ed è il segnale che le istituzioni reggono. È un punto di forza. Al resto ci ha pensato Di Pietro. L’attacco al Quirinale è un errore tattico. Non ha senso. Il vecchio signore del Pci viene processato in piazza come complice di un fantomatico golpe istituzionale, si grida all’impeachment e si sposta l’attenzione politica sul Colle. È un transfert straordinario. Sembra quasi un gioco di magia e abilità del Cavaliere. Solo che l’astuzia masochista è tutta di Di Pietro. La mossa piazzaiola non fa bene al Pd, che vive questa situazione con forte imbarazzo e regala a Berlusconi un alleato autorevole. La risposta di Napolitano è una disfatta per tutta la sinistra. Tutto il capitale politico accumulato con la burocrazia delle liste sfuma in mezza giornata. È paradossale.

Ogni volta che il Pdl sbaglia, i suoi avversari fanno di peggio. Queste ultime settimane sono state scandite dalla saga degli autogol. La piazza di Tonino ha pareggiato i pasticci del Pdl. Si riparte da qui: sulle barricate.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica