Li chiamano «dipendenti infedeli». Perché, senza l’ombra di uno scrupolo, tradiscono la fiducia che l’azienda ripone in loro. Perché si comportano in maniera disonesta. E soprattutto perché, dopo la prima volta (una caduta, soprattutto in tempi di crisi come questi, forse può capitare a tutti) anziché fermarsi, acquisiscono sicurezza e continuano a truffare i loro datori di lavoro costringendoli a far intervenire le forze dell’ordine. Questo, in breve, il ritratto dei cinque uomini arrestati in flagranza in questi giorni per furto aggravato, mentre altrettanti loro colleghi sono stati denunciati. Sono facchini e magazzinieri, dipendenti della centralissima Rinascente-Duomo di via Santa Redegonda. Tutti incensurati, all’apparenza brave persone con un’età variabile dai 35 ai 50 anni. A casa loro i carabinieri della compagnia Duomo - che da settembre li hanno «studiati» e osservati, grazie anche all’aiuto del personale della security del grande magazzino - hanno trovato di tutto: articoli di profumeria, capi d’abbigliamento rigorosamente griffati (il target degli oggetti in vendita alla Rinascente è molto alto) e materiale informatico e di telefonia di ottimo livello. Un totale di oltre 1.500 articoli per un valore superiore ai 100mila euro. Senza contare il materiale che non è stato rinvenuto ma che sicuramente è già stato rivenduto. Tutta merce rubata alla Rinascente, come testimoniano anche le eloquenti immagini dei sistemi di videosorveglianza. «Non abbiamo ancora dimostrato un’attività di ricettazione conseguente i furti - spiegano i militari che hanno perquisito le abitazioni dei ladri -, tuttavia è chiaro che la merce rubata non era utilizzata, se non in casi rari, da coloro che la rubavano, ma doveva poi essere piazzata a cifre inferiori di quelle al dettaglio in una sorta di mercato nero parallelo».
Questa brutta storia ha inizio nel gennaio scorso. Quando Rinascente realizza che le perdite di guadagno relative alla merce sparita sono molto più alte di quelle che vengono stimate fisiologicamente per i furti che un grande magazzino di questo genere subisce di norma in un anno. Inoltre continua a sparire di tutto: profumi, trucchi, abiti, sciarpe, costumi da bagno, biancheria intima, elettrodomestici, telefonini e oggettistica di lusso. I vertici di via Santa Redegonda hanno grossi sospetti sul personale, ma non sanno esattamente chi sono i colpevoli. A settembre, quando la situazione si fa insostenibile perché l’entità della merce che continua a sparire è davvero imbarazzante, decidono così di affidare la delicatissima questione ai carabinieri: è giusto che chi deruba l’azienda, peraltro in maniera tanto sistematica e spudorata, paghi, ma devono essere i veri colpevoli, il personale onesto non può essere sfiorato dai sospetti.
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