E' turbolento e dinamico il primo buco nero mai fotografato

Si chiamano anche “singolarità” e non sono vuoti come si pensa, ma oggetti ricchi di una densità infinita. Sono ciò che è più simile a ciò che doveva esserci all’inizio dell’Universo

Buco nero M87*
Buco nero M87*
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Quando sei anni fa uscì la prima “foto” di un buco nero (non esattamente una foto normale, ma ricostruita con anni di osservazioni) fu una cosa sensazionale, definita la foto del secolo. Come per le onde gravitazionali, anche i buchi neri erano previsti nella relatività di Albert Einstein (che giustamente è diventato anche un sinonimo di genio, «ma chi sei Einstein?»). Da allora però non è che gli studi si sono fermati.

Il buco nero in questione è M87* (l’asterisco fa parte del nome, non andate a cercare in fondo una nota), e si è andati avanti nel conoscere cosa accade nel plasma che lo circonda. L’articolo è uscito sulla rivista Astronomy & Astrophysics, e nello studio internazionale partecipa anche l’Italia, con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Istituto Nazionale di Astrofisica. Mettendo a confronto le osservazioni del 2017 con quelle del 2018 si è visto che l’asse di rotazione del buco nero punta lontano dalla Terra, mentre il disco caldo che lo circonda ruota in direzione opposta. Si è spostata di trenta gradi anche la regione più luminosa del buco nero. Insomma, a distanza di un anno si è osservato, grazie anche a 120000 foto di simulazione, quanto sia turbolento e instabile ciò che circonda M87*.

Magari, però, se non siete esperti, vi domandate per quale ragione siano così interessanti i buchi neri. Anzitutto non sono buchi, come i profani pensano, ma oggetti di una densità infinita. Una sorta di pianeti supercompressi formati dall’implosione di una stella (che deve avere una massa da 2,5 volte quella del nostro Sole fino a miliardi di volte maggiore), non ci sono neppure più le particelle (lo stadio precedente è infatti una Stella di Neutroni). A tal punto che neppure la luce (che viaggia a trecentomila chilometri al secondo) riesce a sfuggire (ecco perché sono neri). Si chiamano anche “singolarità”, e sono ciò che è più simile a ciò che doveva esserci all’inizio dell’Universo. Non esiste niente, lì dentro, e non date retta a Christopher Nolan che in Interstellar fa entrare il protagonista dentro un buco nero per comunicare “con la forza dell’amore” con la figlia nel passato attraverso la libreria (di un’altra galassia). Oltrepassare l’Orizzonte degli Eventi di un buco nero (il limite oltre il quale non potete più tornare indietro) significa non avere più scampo, gli scienziati americani hanno coniato il termine “spaghettificazione”, ovvero la prima cosa che ci accadrebbe è essere allungati all’inverosimile dall’infinita forza di gravità, per un momento diventare spaghetti di atomi, senza finire nel piatto di nessuno. Perché questa è la cosa più affascinante dei buchi neri. Dentro di essi non può esistere niente e nessuno, come all’inizio dell’Universo, e come alla fine.

Tuttavia potessimo orbitare intorno a un buco nero il tempo, proprio per la relatività, rallenterebbe a tal punto che se per voi passa un’ora sulla Terra sarebbero passati decenni. Una specie di macchina del tempo (ma si può “andare”, diciamo, solo nel futuro). Ma a arrivarci a un buco nero. Torniamo un attimo a M87*, le osservazioni suddette, fatte a distanza di un anno, studiano questo buco nero che è distante da noi 56 milioni di anni luce. Vale a dire che la luce, a trecentomila chilometri al secondo, ci mette 56 milioni di anni per arrivare a noi. Tutto ciò che vediamo nel cielo è un’altra macchina del tempo, del passato.

Quando stava accadendo quello che hanno visto gli scienziati, la rotazione del plasma e la sua turbolenza, qui si erano da poco estinti i dinosauri, e l’essere umano sarebbe venuto poco meno di 56 milioni di anni dopo. Tutto ciò è meraviglioso e terrificante.

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