Le scommesse già perse

Il rinvio del governo Prodi alle Camere è la peggiore soluzione che l'Italia meritasse. Non per responsabilità del presidente Napolitano che, con rigore istituzionale e senza interventismo, ha preso atto di quel che (furbescamente) gli è stato assicurato dalle forze della pseudo-maggioranza, pronte a giocare qualsiasi gioco pur di contrastare la volontà del Paese.
Se il Prodi-1 risuscitato dovesse superare con mezzucci vari la prova del Senato, avremmo un governo fondato su escamotage e soccorsi personali senza alcuna dignità politica. In una democrazia bipolare, quale è ancora la nostra (per quanto?) se pure zoppicante, si può anche governare con pochi voti di maggioranza. Purché l'esigua maggioranza sia animata dal vigore di una politica chiara e coesa, e da una leadership forte e risoluta, cosa che è l'opposto di quel che offre lo spurio centrosinistra italiano.
È la maggioranza formata dall'Ulivo e dai suoi cugini massimalisti che contiene fisiologicamente debolezze e ambiguità d'ogni tipo. La bocciatura in politica estera - simbolo identitario di qualsiasi governo che si rispetti - è stato solo l'ultimo sintomo, gravissimo, dell'impuro connubio, irrisolto e irrisolvibile, tra l'ala cosiddetta «riformista» e «moderata» e i massimalisti-movimentisti, ormai addestrati al doppiogioco tra agitazioni di piazza e poltrone ministeriali.
Né sono servite a molto le brillanti acrobazie del ministro degli Esteri D'Alema che - invano - ha giocato al meglio la sua abilità politica e la sua furbizia tattica per fare quadrare il cerchio della politica estera conciliando le esigenze della responsabilità internazionale e le pressioni del partito antiamericano. Ma la contraddizione - una delle tante - resta come mina interna a qualsiasi accozzaglia venga messa insieme nella maggioranza e nel governo.
Perché quel che - anche - manca al centrosinistra è un leader politico e uno statista all'altezza della situazione. Fin dalla formazione del governo abbiamo guardato a Prodi solo come un mediatore privo di vigore, di idee e di leadership: e i fatti hanno rafforzato questo giudizio. Le maggiori energie del Professore, nel vuoto di scelte chiare, sono state dedicate al galleggiamento puntellato dai massimalisti che si sono rafforzati nei 281 giorni di governo, e all'occupazione del sottopotere economico e istituzionale, nel puro stile dei peggiori democristiani d'un tempo.
Il capo dello Stato ha saggiamente ammonito che il Paese deve essere stabilmente e correttamente governato, e che il Parlamento deve riformare la legge elettorale. Si tratta, a noi pare, di scommesse già perse.

Al governo Prodi non manca solo la maggioranza numerica in Senato, manca la politica che non può essere surrogata da una congerie di opposti falsamente composti dal giuramento sul dodecalogo e, soprattutto, fa difetto il consenso del Paese. Il che in democrazia non è poco.
m.teodori@mclink.it

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