Scommesse online, arrivano i ricorsi

Dopo l’oscuramento deciso dal ministero delle Finanze gli operatori internazionali chiedono l’intervento della Ue

Maddalena Camera

da Milano

È partito il braccio di ferro tra Aams (Amministrazione autonoma Monopoli di Stato) e i maggiori siti di scommesse online del mondo. Da oggi infatti gli italiani non potranno più giocare online su siti come Betfair, William Hills, International Betting (Iasbet) e una lista di 600 nominativi che spazia dal casinò al poker alle scommesse sugli eventi sportivi. Una misura varata dal governo il 7 febbraio scorso ha infatti posto fuori legge questi siti perché non vogliono pagare allo Stato italiano le necessarie autorizzazioni.
Gli operatori europei reputano infatti che quest’ultima non sia necessaria. «Solo in Italia - ha spiegato Mark Davies, dirigente di Betfair - esiste l’imposizione di dover pagare la licenza. Mentre negli altri Paesi Ue possiamo operare liberamente. Per questo ricorreremo a livello europeo in tempi molto brevi contro le misure introdotte dal governo italiano».
In pratica la legge obbliga tutti gli Internet provider che operano sul territorio nazionale a bloccare l’accesso ai siti di scommesse online che non hanno sede nel Paese. Ma tutte le società di scommesse, riunite nella Rga (Remote Gambling Association) ritengono che la norma sia in contrasto con la Costituzione italiana, la legge europea e la Carta dei diritti dell’uomo. «Siamo certi che il comportamento del governo e dei monopoli sia in contrasto con le norme europee e siamo convinti della nostra vittoria - ha detto Massimiliano Bancora, country manager di Betfair -; la legge inoltre non è stata approvata con un iter corretto, poiché non è stata segnalata alla Commissione europea prima di essere introdotta».
Se il ricorso all’Ue arriverà tra qualche giorno Betfair, insieme a Stanley International Betting, ha già avanzato un ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento. La posta in gioco in realtà non è certo modesta. Secondo alcune cifre fornite dai monopoli di Stato nel 2005 il movimento finanziario derivato dal settore Giochi è stato di 28 miliardi di euro. Solo sui Giochi di Torino nei primi sei giorni di gare sono stati raccolti circa 400mila euro. Mentre lo scorso anno sullo sport sono stati puntati 1,48 miliardi di euro. Di questi 1,38 milioni sul calcio, 45 sul basket e 26 sul tennis.

Queste cifre sono quelle del cosiddetto gioco legale, ossia generato dalle società che operano con licenza. E dunque la misura del governo è spinta dall’intento di racimolare nuovi introiti. Ora la parola spetta al Tar e, soprattutto, all’Unione Europea.

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