Scontri tra Israele e Libano, schierati i caschi blu italiani

Sparatoria alla frontiera tra i militari dei due eserciti. Beirut accusa Gerusalemme di aver violato i confini. Il generale Graziano, capo dell’Unifil: "La situazione è sotto controllo"

Scontri tra Israele e Libano, 
schierati i caschi blu italiani

Beirut - Mezz’ora di sparatoria fra soldati libanesi e israeliani ha infiammato uno dei confini più blindati e pericolosi del Medio Oriente. Per la prima volta, dall’aspro conflitto provocato da Hezbollah lo scorso agosto, il sud del Libano ha rischiato di incendiarsi di nuovo. «Qualcosa non ha funzionato, ma ora la situazione è tornata sotto controllo con i caschi blu dispiegati sulla linea blu», spiega al Giornale il generale Claudio Graziano, neo comandante della missione Unifil.
«Il grave incidente», come lo definiscono i portavoce dei caschi blu, è scoppiato verso le undici di mercoledì sera. Di fronte al villaggio libanese di Maroun al Ras, una zona «calda» dove si è combattuto duramente la scorsa estate, uno speciale buldozer israeliano ha superato la barriera difensiva costruita da Israele dirigendosi verso la linea blu. L’obiettivo era sminare la zona cuscinetto a ridosso del confine. Un paio di giorni prima gli israeliani avevano scoperto quattro mine sostenendo che erano state piazzate la sera precedente dai “terroristi” sciiti. Hezbollah, il partito armato degli sciiti, ha subito smentito spiegando che gli ordigni erano stati interrati nel luglio dello scorso anno, per evitare incursioni delle forze speciali israeliane. I soldati libanesi, dispiegati nel sud del Libano, hanno sparato per primi, contro il buldozer, perché avrebbe oltrepassato di 15 metri la linea blu. Gli israeliani hanno immediatamente risposto al fuoco, ma negano di avere varcato la pericolosa linea di frontiera. La sparatoria è andata avanti per mezz’ora, fortunatamente senza provocare vittime. Una postazione dei caschi blu poco distante ha subito dato l’allarme e il generale Graziano è intervenuto «con autorità intimando alle due parti di sospendere le ostilità e ripiegare», racconta una fonte del Giornale. Alle 23.30 era tutto finito e sulla blue line arrivavano 200 caschi blu, compresi una cinquantina di italiani, appoggiati dai sei carri armati francesi Leclerc. La zona dell’incidente, pur essendo presidiata dai cugini d’Oltralpe, ricade nel settore West sotto diretto comando italiano, che partecipa alla missione Unifil con un contingente di 2.500 uomini.
Per il generale Graziano, che la scorsa settimana ha assunto il comando dei 13mila soldati dell’Onu nel sud del Libano, non è stato un benvenuto esaltante. «L’incidente è ancora oggetto di indagini per capire bene che cosa sia accaduto, ma non direi che si tratti di un vero pericolo per la risoluzione 1701 (che ha imposto la tregua, nda)», spiega Graziano. «È necessario cominciare a sederci attorno a un tavolo, noi, i libanesi e gli israeliani per risolvere i problemi», sottolinea il generale.
Il premier libanese Fuad Siniora ha accusato gli israeliani di aver violato il confine. I generali libanesi avrebbero detto ai caschi blu che «in caso di nuova penetrazione delle forze israeliane la nostra reazione sarà più forte di quella di mercoledì sera».
Ieri i caccia con la stella di David hanno sorvolato per due volte il Libano meridionale. Il generale dell’aviazione Alon Friedman ha chiarito che dopo la sparatoria «proseguiremo i voli e potremmo rafforzare le attività aeree sul Libano», nonostante siano considerate una violazione della risoluzione dell’Onu. Il governo israeliano ha comunque ribadito che il caso «è chiuso» e di «non voler innescare una spirale» che porti a inasprire la situazione.

Invece, secondo l’ex ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, lo scontro a fuoco «è un insulto: Hezbollah si sta scaldando per il secondo round e solo un cieco non lo vedrebbe». Proprio il giorno della sparatoria, l’intelligence israeliana aveva lanciato l’allarme, affermando che una grossa partita di sofisticati missili anti-carro è stata inviata dalla Siria ai miliziani di Hezbollah.

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