Le scuole di frontiera? Nel ’96 erano solo sei, oggi una quarantina

Disagio, violenza, abbandono, microcriminalità sono le parole più gettonate delle cosiddette scuole di frontiera. Un fenomeno che riguarda storicamente alcune realtà periferiche (Quarto Oggiaro, appunto, ma anche Ponte Lambro, Gratosoglio, Baggio), ma che pare si stia allargando anche in altre aree cittadine. Non a caso, quando nel 1996 dal ministero si decise di sperimentare specifici interventi per arginare le situazioni più difficili erano sei le scuole milanesi interessate. Adesso sono una quarantina. Qualche superiore (istituti professionali ovviamente), ma soprattutto medie. «In troppe situazioni - commenta Rita Garlaschelli, la dirigente scolastica che per conto dell’Ufficio scolastico provinciale coordina gli interventi in questo settore - c’è un clima troppo pesante da governare, perché il contesto sociale è degradato, e stabilire un patto di collaborazione con le famiglie diventa un impegno assai arduo se non impossibile».
I problemi più drammatici da affrontare? In molte scuole, fa presente la Garlaschelli, c’è innanzitutto «da garantire che i ragazzi vengano a scuola, perché ci sono ancora casi di inadempienza all’obbligo scolastico». Ma poi nella scuola arrivano minori che già hanno alle spalle esperienze disastrose: «Ragazzetti già coinvolti in fenomeni di criminalità, spaccio di droga soprattutto, casi di ragazzi e ragazze abusate sessualmente o comunque vittime di pesanti maltrattamenti, piccoli abbandonati a se stessi fin dalla scuola elementare. E comunque, un’età sempre più bassa della comparsa di disagi di ogni forma». Per fronteggiare questa realtà, ogni anno le scuole presentano dei progetti specifici di intervento, che vengono appositamente finanziati. Tuttavia, secondo la dirigente, «si è perso lo spirito iniziale degli interventi: queste sono situazioni che esigono professionalità molto esperte, tanto che nel 1996 si richiedeva ai docenti di queste scuole un impegno particolare a partire dal fatto che rinunciavano al trasferimento per almeno tre anni, e in cambio ricevevano uno stipendio più ricco. Il contratto di lavoro seguito a questa fase ha tuttavia cancellato questi incentivi, e oggi chi lavora in una scuola a rischio viene pagato come chi ha la sua classe di insegnamento tranquilla e gratificante».
Una scuola da sola «non può farcela a sostenere queste situazioni. Si cercano alleanze sul territorio, ma le occasioni sono scarse. Ci sono poi i servizi sociali che tuttavia sono oberati da casi di ogni genere e quando intervengono, lo fanno spesso troppo tardi».
Intanto, un esperto dell’Osservatorio regionale sul bullismo andrà nella scuola media di via Graf, a Quarto Oggiaro, dove l’insegnate è stata aggredita dalla madre e dalla nonna di un’allieva che aveva ripreso. Un’iniziativa per tentare di «ricostruire l’alleanza educativa tra famiglia e scuola che si è rotta», ha spiegato il dirigente scolastico regionale Anna Maria Dominici. Tempi e modi della missione dell’esperto non sono ancora stati definiti, ma si sa che avverrà nei prossimi giorni. «I risvolti giudiziari non sono di nostra competenza - precisa il dirigente - non ci preoccupiamo di ricostruire il patto educativo tra famiglia e scuola.

Per fortuna non si può parlare di un fenomeno, ma quando accadono questi episodi, non bisogna abbassare la guardia. Fa poca differenza che sia accaduto a Quarto Oggiaro, il punto è che troppo spesso i genitori fanno i "sindacalisti" dei loro figli».

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