Se puntare su internet diventa una scommessa

La recente sentenza della Corte di Cassazione (Terza Sezione Penale) sul gioco online, depositata a fine dicembre ma resa nota solo qualche giorno fa, ha diviso il mercato. Secondo i supremi giudici i punti di commercializzazione (pdc) non possono partecipare direttamente all’organizzazione delle scommesse, raccogliere giocate o pagare vincite. In particolare un pdc commette reato di intermediazione qualora movimenti in prima persona i conti di gioco dei clienti. Oppure quando il conto di gioco, sebbene «regolarmente rilasciato da un concessionario, non sia utilizzato dall'acquirente a titolo personale, ma diventi oggetto di transazione da parte di soggetti diversi dall'acquirente, generando così, di fatto, un rapporto più simile e quello di un'agenzia che di un privato». Nel prosieguo della sentenza la Corte spiega così la sentenza: «È necessario che sia lo scommettitore a utilizzare personalmente l’apparato telematico ai fini della trasmissione dei dati di gioco, senza potersi avvalere di addetti operanti presso i punti remoti che provvedano alla trasmissione dei medesimi all'agenzia concessionaria». In un passo successivo i giudici riconoscono che i concessionari possono avvalersi di pdc, «purché si limitino a promuovere la vendita di schede telematiche, sempre che queste siano a costo zero, e purché i centri di servizio si limitino a attività di supporto tecnico…».
Reazioni. Secondo il Sistel questa sentenza va in direzione opposta a un’altra pronuncia cautelare della stessa Cassazione, vecchia di appena sette mesi, dove si diceva: «A parere della Corte i pdc, senza violare la normativa che disciplina la materia, possono limitarsi a digitare sul computer i dati forniti dal giocatore se lo stesso non è in grado di farlo personalmente». In una nota il Sistel fa anche le pulci al giudice penale: in primo luogo perché la sentenza fa riferimento al Dm del 2 giugno 1998 abrogato dal Dm dell’1 marzo 2006, in secondo luogo perché le schede a costo zero erano previste solo nella fase sperimentale del gioco a distanza. «Dunque la Cassazione ha erroneamente deciso in base a norme non più vigenti considerandole ancora in vigore», il commento del Sistel.
È favorevole alla pronuncia, invece, il pensiero di Sicon. Il sindacato presieduto da Palmieri afferma: «La sentenza fuga ogni dubbio su quello che da anni denunciamo con forza per combattere ogni forma di concorrenza sleale. Ci sono migliaia di pdc sul territorio che operano liberamente come negozi o agenzie di raccolta senza che nessuno faccia nulla per cambiare la tendenza nel rispetto di chi invece ha ottenuto una concessione attraverso ingenti investimenti di denaro ed obblighi fideiussori.

Senza questo utilizzo distorto del canale di raccolta telematico, le quote di mercato raggiunte negli ultimi anni sarebbero state inimmaginabili, come confermato dai dati che ci provengono dagli altri paesi della Comunità Europea». Anche Microgame ha accolto con favore la sentenza in quanto «ribadisce ed esprime in maniera chiara i concetti che da sempre la nostra società sostiene relativamente all’operatività dei punti di commercializzazione».

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