«La secessione è già partita: la fanno le imprese in fuga»

RomaGià tornato nella palude romana, viceministro Castelli?
«Vado ora all’aeroporto...».
Ricomincia il logoramento.
«La Lega non tentenna e non si fa logorare, abbiamo ben chiaro il percorso davanti, noi...».
Federalismo o crolla tutto.
«L’abbiamo detto in tutte le salse. Continuiamo a governare e portiamo a casa i decreti delegati».
E poi?
«Poi si vede, ma va ammesso che ora non c’è un governo forte, non ci sono più le condizioni che c’erano fino all’estate scorsa».
Da leghista-velista: dove tira il vento? Verso le elezioni o si va avanti di bolina?
«Diciamo che siamo in una situazione meteorologica molto difficile. La Lega è abituata ad andare di bolina, però se non torniamo alla situazione precedente si va verso il voto».
A Pontida lei disse che se non passa il federalismo il popolo del Nord spingerà per la secessione. Lo pensa ancora?
«Sì ma non è un programma politico, è una constatazione, come dire che oggi nevica...».
Più o meno...
«Voglio dire che la secessione già sta accadendo anche se i commentatori dei giornali non se ne accorgono. È la secessione di quegli imprenditori che lasciano l’Italia per trasferire le imprese in paesi più competitivi. Il federalismo è l’ultima occasione per tenere unito il paese».
Berlusconi però è ottimista sui numeri.
«Magnifico, perfetto».
Non ci crede.
«Divinare è solo tempo perso. Bossi ha definito «santo» Berlusconi perchè tira fuori i conigli dal cilindro. Se lo fa anche stavolta siamo contentissimi».
Ma lei si fida dell’Udc?
«Io li conosco molto bene...e non mi fido. Però Casini invecchiando magari ha cambiato registro. Al momento il fatto è che loro sono gli unici ad aver votato contro il federalismo. Però se loro cambiano opinione...».
Ma c’è anche una competizione forte tra Pdl e Lega.
«C’è sempre stata perché peschiamo nello stesso bacino elettorale, però è una sana competizione».
Non è vero che la Lega preferirebbe Tremonti a Palazzo Chigi?
«Ma guardi, questo mi sento di escluderlo a priori... Ma scusi, è chiaro che in un momento di gravissima crisi finanziaria mondiale, chi regge le sorti dell’economia assume un ruolo di protagonista».
Però taglia troppo, si dice.
«Io non capisco quei ministri che si lamentano perché non arrivano abbastanza soldi. In un momento così difficile è chiaro che dobbiamo dare tutti una mano al ministro dell’Economia per tirare la cinghia. Noi al ministero (Infrastrutture) cerchiamo di fare così, abbiamo poche risorse e cerchiamo di sfruttarle al meglio, non è che diciamo “Tremonti cattivo perché non ci dà i fondi”».
Di quali ministri parla?
«Ma no non mi faccia dire nomi. Mi sembra solo un modo un po’ vecchio di governare. Una volta il ministro più bravo era quello che spendeva di più, ma erano i tempi dell’esplosione del debito pubblico, oggi è cambiato tutto. La Lega lo fa pagando anche dei prezzi elevati, pensiamo alla stretta sugli enti locali...».
Montezemolo però tira le orecchie a voi e a Tremonti, dice che tradite gli imprenditori.
«Ma sì, Montezemolo ormai aspira a fare il grillo parlante. Mi sembra un retaggio del ’68. Chi era il più intelligentone nel ’68? Quello che si alzava in piedi e criticava più degli altri. Ma criticare è molto facile, noi le riforme le stiamo facendo sul serio».
La Provincia di Lecco scrive che lei era assente a una celebrazione dei 150anni dell’Unità.
«Mah.. dovrebbero spiegarmi cosa c’è da festeggiare, sono pronto all’ascolto...».
Bossi dice prima il federalismo poi balliamo.
«Lui è saggio, io un po’ meno e dico che ciascuno ha nel cuore le proprie patrie...»
Guardi che poi le dicono che lei è un viceministro della Repubblica, che ha giurato sulla Costituzione italiana eccetera...
«Io rispetto l’Italia, sia chiaro, ma da qui ad andare in piazza a ballare per la contentezza... penso sia legittimo avere idee diverse. L’unità d’Italia è stata un’operazione massonica, di vertice. Faccio io una domanda».


Prego.
«Se non ci fosse stata l’Italia unita ci sarebbero stati i 600mila morti della Prima guerra mondiale, il fascismo? Questo 150esimo dovrebbe essere l’occasione per una revisione critica di quanto è accaduto».

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