Un secolo di preghiere con i pellegrini nella Lourdes di Milano

«Grazie, Madonnina, che hai curato la mia nonna». Francesca ha firmato la letterina con un mazzolino di fiori prima della «F» e in calce ha disegnato la grotta dell’apparizione. «Grazie Maria perché da quando non vedo più, vedo molto meglio». La firma non si legge, ma quel che c’è da capire si intuisce al volo. Bigliettini piegati in quattro o sigillati nelle buste. Accanto alle candele, ai fiori freschi e agli ex voto. In alto, seminascoste dall’edera, perfino quattro o cinque stampelle. Siamo alla grotta di Lourdes ma siamo anche a Milano in via Induno. Fra corso Sempione e via Cenisio c’è un santuario mariano meta di pellegrini metropolitani (e non solo) da più di cento anni. La grotta, fatta costruire un secolo fa da due fratelli sacerdoti, è la riproduzione precisa di quella che si trova ai piedi dei Pirenei, solo che qui la Madonnina è sistemata più in alto. A metà pomeriggio una nonna con bimbo nel passeggino è assorta in preghiera: «Credo nella protezione della Madre di Gesù, vengo spesso qui». Su questo piazzale, l’11 febbraio (giorno dedicato alla Madonna di Lourdes) si ritrovano 13mila fedeli in processione. «Per nulla al mondo perderei quel momento, ci vengo tutti gli anni - racconta Franco Vismara dell’associazione «Amici della Grotta» -. C’è una fetta di città che si ritrova qui a pregare, questo posto trasuda fede». Per Don Emilio Scarpellini, «anima» della parrocchia, «il respiro mariano, molto vivo nel mese di maggio, segue con molta naturalezza la realtà parrocchiale. I bambini iniziano il catechismo con una preghiera alla Madonna, i ragazzi più grandi partecipano ai canti e al rosario alla grotta e non so dire se in chiesa ci siano più pellegrini o parrocchiani, ma è proprio questo il bello». E la superstizione? «Temevo di trovarla qui, invece mi sono accorto che i gesti semplici, l’accendere un cero, il lasciare un ex voto o un rosario avvicinano la gente a Dio. È come se ciascuno di loro dicesse “la mia fede non è stata vana” e poi Maria porta a Cristo». E le guarigioni, i miracoli? «La grazia più grande per un credente è la fede, è leggere la vita con gli occhi di Dio. E se c’è qualcuno che chiedendo la salute viene esaudito questo conferma la presenza del Signore e il miracolo è per tutti». Chi è più devoto alla Madonna? «I bambini sicuramente e gli adulti di mezza età. Ma quel che mi spaventa è l’indifferenza, il non rendersi conto che c’è un cammino di liberazione per tutti». Sono in crescita i pellegrini? «Viene molta gente qui, per la crisi, per le malattie, per la crescita personale, per svariati motivi. Una signora mi ha detto di aver capito, venendo a pregare alla grotta, che dentro di lei vive Dio. Dove c’è Maria c’è sempre un appello alla conversione a Lourdes come a Fatima. Un altro dono: dimenticarsi del proprio dolore, a Lourdes ci scopriamo tutti malati».
Il via vai di fedeli si tocca con mano in un pomeriggio qualsiasi. E non solo al santuario. Nelle sale della parrocchia ci sono volontarie che seguono i bambini per il doposcuola, altre che organizzano corsi di italiano per stranieri o i campi estivi per ragazzi.
Il piazzale che si apre davanti è spazioso e ombroso, oltre che recintato. Ma rispetto alla parrocchia (dedicata a Santa Maria di Lourdes) e al cortile dell’oratorio è costruito su un livello più basso, non si vede dalla strada.

Una donna peruviana sceglie un angolo tranquillo, sotto le fronde per allattare. Conclude Don Emilio: «La penitenza che più ho apprezzato in 42 anni è osservare con attenzione i gesti delle madri verso i figli, è accorgersi che questa tenerezza è la devozione che porta a Dio».

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