
In effetti si fatica a pensarlo eppure siamo già a quota 85. Ottantacinque anni. Mina li compie oggi e come sempre li festeggia tra le parentesi di isolamento nella sua Lugano, probabilmente un giorno come gli altri. Dopotutto la sua forza è sempre stata (anche) quella di mantenersi al di fuori della solita ritualità, delle manfrine consuetudinarie e degli appuntamenti obbligati, trovando sempre l'originalità anche nelle piccole cose o nei grandi rifiuti. Inutile dire che è la più grande interprete italiana che resista senza i riflettori quotidiani (ed è la più grande anche per questo), ma è utilissimo invece sottolineare come la sua assenza di immagine sia diventata l'immagine più forte, quella che nessuno può copiare o modificare.
L'assenza come presenza è l'ossimoro di Mina e, sempre più, la feroce presa in giro di un'epoca nella quale se non appari non esisti, anzi, se non appari sui social semplicemente non hai attenzione quindi non conti. Mina è il contrario. Mina c'è, Mina incombe, Mina ispira. Anche a quest'ultimo Festival di Sanremo, ossia ben 64 anni dopo la sua ultima partecipazione, è stata usata a termine di paragone per qualche esibizione e per qualche canzone, ad esempio quella di Elodie Dimenticarsi alle 7, dimostrando che è tuttora presente anche per chi manco era nato non solo quando lei passò dall'Ariston ma pure quando decise di ritirarsi per sempre dalle scene nel 1978 dopo il concerto a Bussoladomani. Allora molti pensavano che, tempo qualche anno, lei sarebbe definitivamente sparita dalle scene o che avrebbe cambiato idea tornando quatta quatta sul palcoscenico. Invece no. Mai più vista.
Dopotutto il rifiuto è uno dei leit motiv della sua vita. Rifiutò le convenzioni sociali quando decise di diventare mamma di Massimiliano con il padre Corrado, monumento della prosa che una moglie già ce l'aveva. Era il 1963, immaginatevi cosa accadde intorno a quello che la stampa più conservatrice e volgare definiva «il figlio della colpa». Era il periodo in cui in Rai, tanto per capirci, non si poteva dire «ascella» o «pisello» perché suscitavano brividi benpensanti, e le gemelle Kessler dovevano indossare spesse calze nere invece dei collant trasparenti (in Giardino d'inverno del 1961) perché, accidenti, quelle gambe erano «troppo» per il telespettatore abituato alle tribune elettorali moderate dal bravissimo Jader Jacobelli ma ovviamente compassate e ingessate come i tempi comandavano. Mina giocava solo il campionato della voce, della presenza scenica, della capacità di sparigliare le carte potendo disporre dell'asso che vince sempre, cioè il talento, gigantesco e flessibile. Quello che le ha consentito, come ha raccontato ieri Massimiliano Pani ad Andrea Spinelli sul QN, di dire di no a Francis Ford Coppola per il ruolo nel Padrino poi ricoperto da Diane Keaton (la moglie di Al Pacino/Michael Corleone). O di cestinare un biglietto di congratulazioni di Paul McCartney per la cover di My love.
Sono sprazzi di storia, piccole frazioni di una carriera che l'ha portata a essere in classifica in sette decenni consecutivi con brani tuttora vitali come Se telefonando o Tintarella di luna, tanto per citare a caso in un mare magnum che non ha confini neanche volendoceli mettere. Ci sono momenti di Mina che non invecchiano proprio come lei, artisticamente condannata alla gioventù eterna. Ad esempio, gli otto minuti e ventitré secondi di duetto con Lucio Battisti a Teatro 10 nel 1972 sono uno dei picchi di sempre della tv italiana, roba che oggi ce la scordiamo perché non esiste più la stessa sacralità, lo stesso gusto di improvvisare, la stessa licenza di stupire (si potrà vedere un omaggio oggi martedì 25 marzo alle 13.15 su RaiStoria - RaiCultura).
Ecco, stupire.
A pensarci bene, Mina è stata la prima a destrutturare la propria immagine, a giocarci, a prendersi in giro o a esaltarsi cambiandosi i lineamenti, deformandoli, allungandoli o rimpicciolendoli attraverso la matita di Mauro Balletti. È apparsa in copertina con la barba leonardesca. Con il corpo in stile Botero o il volto come la Gioconda. O di una paperina di fianco al paperino Celentano nel maestoso disco del 1998. Oggi sembra normale, oggi tantissime dive giocano con la propria immagine non soltanto usando i filtri social ma pure cambiando ferocemente look come per un bel po' ha fatto Lady Gaga. Potrebbe bastare? Ennò. All'alba degli 85 anni, Mina è probabilmente la più grande talent scout in circolazione perché ha lanciato al grande pubblico autori sconosciuti oppure consacrato autori come Blanco o Francesco Gabbani, tra l'altro uno dei cantautori più raffinati del bigoncio.
Anche per questo, ogni pubblicazione di Mina è anche una rubrica di aggiornamento, una finestra dalla quale filtrano novità o scoperte in un mondo, il pop, che di scoperte si nutre ma che paradossalmente teme.
Perciò perché avrebbe dovuto continuare a mostrarsi in pubblico magari lasciandosi dissanguare dalla popolarità? Sparendo dalla circolazione, è rimasta più al centro di prima e ora è padrona di due vite, la propria e quella che viviamo noi ascoltandola senza neanche vederla perché intanto è come se fosse qui.
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