In attesa di leggere le motivazioni con cui la Corte costituzionale ha dichiarato - per alcune parti molto circoscritte - l’illegittimità costituzionale della legge sulla procreazione medicalmente assistita, si può - a caldo - subito rilevare nella decisione una prima evidente contraddizione. Per un verso infatti la Corte, nella decisione che ha preso, ritiene illegittimo che il numero di embrioni prodotto, per ogni singolo tentativo, sia «non superiore a tre», come prevedeva la legge, per l’altro dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale con riferimento al divieto posto dalla legge medesima di «crioconservazione» e di «soppressione degli embrioni» prodotti dalle tecniche di fecondazione artificiale. Il legislatore - lo si voglia criticare o meno - era stato coerente: aveva limitato la produzione del numero degli embrioni, cercando in tal modo di evitare il problema di cosa fare di quelli cosiddetti soprannumerari.
Contrariamente a quello che solitamente si dice, il legislatore italiano non era affatto isolato in questa sua scelta a livello europeo: la Germania, l’Austria e la Svizzera prevedono disposizioni analoghe riguardo al limite dei tre embrioni. Una norma prudenziale che è oggi confermata dal progresso delle tecniche, grazie alle quali non è più necessario, come un tempo, produrre molti embrioni per ottenere un risultato positivo, per cui la tendenza è semmai a produrne il meno possibile onde evitare tutti i problemi etici connessi. Ora, la decisione della Corte è veramente paradossale: per un verso si potranno produrre più embrioni, per l’altro non potranno più essere crioconservati, né distrutti. Dovranno forse essere tutti impiantati con grave danno per la salute della donna? Certamente no, ma allora cosa si dovrà fare degli embrioni soprannumerari che andranno ad aggiungersi agli oltre trentamila embrioni già esistenti e di cui oggi più nessuno parla - prodotti di scarto delle tecniche di produzione assistita prima che entrasse in vigore la tanto vituperata legge?
Com’è noto la legge, su cui ora si è espressa la Corte, era già stata sottoposta alla sua attenzione in occasione del referendum abrogativo, e proprio uno dei quesiti referendari riguardava la richiesta di abrogare quelle disposizioni della legge che impediscono la produzione di più embrioni e la loro crioconservazione. La richiesta era del tutto coerente, perché è palese che non si può volere una cosa senza l’altra. La Corte ritenne in quell’occasione legittimo proprio quel quesito, insieme ad altri, ma non ritenne invece lecito il quesito che mirava all’abrogazione dell’intera legge. Fu una soluzione pilatesca che, se gli italiani avessero fatta propria approvando il referendum, ci avrebbe restituito una legge trafitta da colpi e d'impossibile applicazione. Ebbene, ora la Corte è riuscita a realizzare, almeno in un punto, proprio questo, con una decisione cerchiobottista per cui da un lato si ritiene legittima la produzione di più embrioni e dall’altro illegittima la loro crioconservazione e distruzione.
Dulcis in fundo: Questa legge sulla procreazione assistita è stata approvata dal Parlamento con una maggioranza ampia e trasversale, è stata oggetto di un referendum popolare che l’ha confermata, proprio anche sul punto che oggi la Corte ha ritenuto in parte di dichiarare incostituzionale.
Non so se questo sia il primo caso, ma va comunque sottolineato: ciò che è stato voluto dal Parlamento e confermato dal popolo con il referendum viene ora messo in discussione dalla Corte con una decisione che in parte dà ragione ai promotori del referendum. Difficile contestare che qui la Corte si sia sostituita al popolo e alla sua sovranità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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