Sequestro, la prova nel cellulare Barbara non riconosce il covo

Nella casa di Giromini le sim con le chiamate fatte subito dopo il sequestro. Aveva lavorato per Vergani, che gli aveva prestato dei soldi. La giovane non riconosce la prigione in cui sarebbe stata rinchiusa

Sequestro, la prova nel cellulare 
Barbara non riconosce il covo

Miasino - Storie di paese. Che si sfilacciano tra i tornanti sopra il lago d'Orta e finiscono in una strada senza uscita. Davanti al nastro bianco azzurro della polizia che sigilla un portoncino di legno.
Storie di paese. Che fanno ardere sotto la cenere antichi rancori e accendono nuove invidie per la fortuna di un Paperone che, con l'impresa edile e i suoi alberghi, qualcuno considerava una macchina da soldi. Poco importa se per farli, quei soldi, Carlo Vergani, il Paperone dell’Alto Vergante, ha lavorato e lavora quindici ore al giorno. Così, quando Virgilio Giromini, presunta mente del sequestro-lampo di Barbara Vergani, esce dalla questura a testa bassa per sfuggire ai fotografi, le chiacchiere di paese si mescolano nel frullatore dei pettegolezzi e delle verità. Scendono fino alla frazione di Tortirogno, nella palazzina dove Giromini era andato a vivere un mese fa e rimbalzano, come un boomerang, fino alla villa tutta siepi dei Vergani, a Pisogno, nella frazione alta. «Se fosse confermato che è stato Virgilio ad architettare tutto - sono le prime parole del papà di Barbara - sarebbe una doppia pugnalata. Lo conosco da tempo e tutto avrei potuto immaginare, ma non che potesse farmi questo. Se voleva rovinarmi ha sopravvalutato decisamente il mio patrimonio. Se voleva darmi un colpo negli affetti, con ciò che ha fatto a mia figlia almeno in parte, c'è riuscito. Perché questa vicenda lascerà dentro di me un segno indelebile».

Anche se l'arrestato ripete: «Non c’entro, ho paura di parlare», anche se il suo avvocato, Andrea La Francesca, puntualizza: «Il mio cliente si dichiara estraneo ai fatti ed è sotto choc per queste accuse. Vi sono elementi che, se letti in un certo modo, possono sembrare determinanti. a che, visti dopo le sue dichiarazioni possono assumere tutt’altra veste», gli indizi contro Giromini ci sono. Ci sono le due tessere Sim, trovate nella casa di Tortirogno, con cui sono state fatte le telefonate a Vergani, subito dopo il rapimento. E in casa c’era anche una macchina da scrivere che sarebbe stata usata per il biglietto con la richiesta del riscatto e una pistola giocattolo, forse quella usata per minacciare la ragazza il giorno del rapimento. Ma non si trova la prigione vera e propria: Barbara non ha riconosciuto il rustico a fianco della palazzina bianca di due piani abitata da Giromini, da sua madre e, saltuariamente, dalla sorella Piera. Le due donne, interrogate a lungo, sono poi state rilasciate. Nell'attesa di mettere le manette ai polsi di almeno altre due persone, un uomo e una donna, indicati da Barbara come i suoi carcerieri. Sentita anche Stella Vetrano, convivente di Giromini, che giura: «È stato sempre con me».

Ma chi è Virgilio Giromini? Una brava e insospettabile persona («Aveva voglia di lavorare e non aveva bisogno di soldi») come dice Oreste Primatesta, ex socio di Vergani che ben lo conosce. O un balordo? O solo un tipo sfortunato? Certo non si può dire che tutto gli girasse per il verso giusto. Suo padre Luigi, camionista se ne è andato cinque anni fa per una reazione allergica a un antibiotico e lui ha denunciato il medico che glielo prescrisse, Giovanni Bernasconi. Dalla morte del capofamiglia i Giromini sono incappati in varie disavventure anche finanziarie tanto che lo stesso Vergani ha prestato loro dei soldi. Ma Virgilio, 46 anni, non è mai rimasto con le mani in mano: prima meccanico per una concessionaria Mercedes, poi apre un piccolo laboratorio tessile. Però gli affari vanno male e chiude. Comincia a fare l’autista per l’hotel Ramada di Oleggio, con un contratto a termine non rinnovato, pare proprio quando Vergani entra nella proprietà dell'albergo.

Fino a tre mesi fa tagliava l’erba nel giardino dei Vergani, e intanto si dedicava a un altro lavoro saltuario in un pub, il «Deja vu», sempre della famiglia Vergani, ma un incendio, che puzza ancora di doloso distrugge il locale, in febbraio. Insomma, sempre in mezzo ai guai, il Virgilio.

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