«Serve una nuova marcia dei 40mila»

I riformisti delusi dell’Unione evocano la piazza: basta prediche, ora i fatti

da Milano

Altro che solitudine dei riformisti. Alla prima uscita pubblica, il gruppo di parlamentari e intellettuali liberali Volenterosi riempie un teatro milanese in un pomeriggio feriale (circa 400 persone) e lancia una sfida ben più ambiziosa. È il radicale Capezzone a suscitare l’applauso più convinto: «Serve un evento fisico e di fortissima carica simbolica, una nuova marcia dei 40mila. Tocca a noi Volenterosi farcene carico. E presto».
Capezzone si pone il problema di dare uno sbocco politico a questo movimento d’opinione. Va bene predicare riforme blairiane (al convegno si sono ascoltate proposte dettagliate su economia, welfare e pubblica amministrazione) e non dare tregua alle debolezze del centrosinistra, ma non si può passare la vita a organizzare convegni. Nicola Rossi, economista e deputato che ha lasciato i Ds, esclude di «voler fare un partito». Antonio Polito, senatore della Margherita, difende il modello di «movimento destrutturato». Niente dirigenti, niente sezioni. Volenterosi fino in fondo. Con il rischio, però, di ridursi a una specie di circolo azionista che fa melina a centrocampo: dotta e raffinata, ma improduttiva. Capezzone invece vuol fare un pressing zemaniano sul centrosinistra. Così, nell’intervento più politico della giornata, evoca la marcia dei quadri Fiat dell’80: portare in piazza migliaia di outsider per dare ai Volenterosi il peso politico che i partiti negano.
Già, i partiti. Mancano delegazioni ufficiali. Sul palco i promotori: Rossi, Polito, Capezzone, l’Udc Tabacci e Paolo Messa, braccio destro di Follini. Cani sciolti. Si vedono i parlamentari Mantini (Margherita) e Martella (Ds). Arrivano il ministro Lanzillotta (Margherita), che si batte per liberalizzare i servizi pubblici locali, e il presidente della Provincia di Milano, il ds Penati, che fa esattamente l’opposto. Esponenti di Verdi e Rosa nel pugno. Di centrodestra Vietti (Udc), l’ex ministro socialista Caldoro e Taradash (Riformatore liberale).
Varia umanità in platea. Il produttore televisivo Giorgio Gori («Molto interessante il discorso di Capezzone») e Ivan Scalfarotto, meteora delle primarie dell’Unione («Ora lavoro a Mosca, ma resto un senza partito»). Il prete antidroga don Mazzi e il manager Chicco Testa. Gli economisti libertari dell’Istituto Bruno Leoni e i vertici ciellini del settimanale non profit Vita. Carlo Cerami e Sergio Scalpelli, inquieti riformisti milanesi. Marco Pannella (arrivato quando Capezzone ha già finito di parlare: lo ha ascoltato in auto via radio) e Savino Pezzotta, ex leader della Cisl, che storce il naso sulla marcia dei 40mila ma si dichiara favorevole all’innalzamento dell’età pensionabile e alla valutazione dei dipendenti pubblici («Siamo d’accordo, è uno scoop!», esulta Capezzone). Davide Corritore e Claudio Velardi: entrambi nello staff di D’Alema a Palazzo Chigi, ora uno fa il consigliere comunale a Milano, l’altro l’imprenditore.
Adeguatamente rappresentata la prima repubblica traslocata nella seconda: De Michelis, Pomicino, La Malfa. Ampie delegazioni di Foglio e Riformista, giornali molto volenterosi, e Corriere della Sera, grande sponsor dell’iniziativa. Scherza Stefano Menichini, direttore di Europa, quotidiano della Margherita: «Sembra un’adunata sediziosa». Il sociologo Luca Ricolfi, brillante editorialista della Stampa, ascolta interessato ma non sottoscrive manifesti per principio («Tanto non servono a niente»). Maria Paola Merloni, erede degli industriali marchigiani ed elegante deputata della Margherita, chiede ai giornalisti di essere citata tra i presenti.
C’è un’aria effervescente e contagiosa. Anche troppo.

Un cronista intercetta Nicola Rossi: «Il Riformista critica i Volenterosi dicendo che tanto ormai anche Prodi è un willing: lei che ne pensa?». E Rossi, allargando le braccia: «Boh».
giuseppe.salvaggiulo@ilgiornale.it

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