Una sfida nel cuore dell’Europa

Pensate alla sottile ironia: una delle principali piazze di Chamonix Mont Blanc, (Alta Savoia, cioè ex Italia) l’hanno voluta battezzare Triangle de l’Amitiè, Triangolo dell’Amicizia. E di quel Triangolo un lato dovrebbe venir rappresentato dall’Italia medesima. Ma, con la scusa del nasino all’insù, il nasino alla francese, appunto è facile arricciare il naso quando si parla di amicizia fra Italia e Francia (così come fra Italia e Germania). Se volete cominciare a sorridere con noi potete farlo canticchiando «A far l’amore comincia tu», antico successo di Raffaella Carrà, remixato da Bob Sinclar, produttore discografico e disc jockey francese che, in versione discoteque, è diventato il tormentone dell’estate transalpina, risollevando così le sorti delle nota lagnosa produzione locale. Aggrappati alla Carrà, anche i ragazzi francesi possono, finalmente, ballare. Uno a zero e palla al centro. A proposito, argomento spinoso, quello delle sfide calcistiche fra Italia e Francia così come fra Germania e Italia. Cosa preferite ricordare prima? Lo storico 4-3 inflitto dagli azzurri ai tedeschi, nella memorabile partita del 19 Giugno 1970, allo Stadio Atzeca di Città del Messico o, cambiando mondiale e passando a quello del 2006 (vinto in Germania dall’Italia...) la testata di Zidane nello stomaco di Materazzi? Divise dal Mediterraneo, separate dalle Alpi, Italia e Francia litigano ancora sulla vetta del Monte Bianco. Il primo ad arrivare in cima fu, l’8 Agosto del 1786, Michel Gabriel Paccard assieme a Jacques Balmat, e anche se il monumento campeggia sempre a Chamonix (oggi Francia) loro arrivarono a quota 4810 quando erano sudditi italiani di Vittorio Amedeo III.
La grandeur contro l’italico guizzo che toglie sempre, o quasi, d’impiccio è una storia lunga. Che comincia nel 1503, quando Monsieur de la Motte osò accusare gli italiani di codardìa durante un banchetto nell’Osteria del Veleno di Barletta. Ettore Fieramosca e tredici cavalieri italiani, giustamente se la presero e quell’uscita costò cara ai francesi che pagarono con il sangue il fio della loro arroganza. Incontenibile fu la gioia dei barlettani tanto che i preti del Capitolo della Cattedrale portarono in processione la Madonna dell’Assunta. In compenso uno come De Gaulle ripeteva: «L’Italia non è un paese povero, è un povero paese». Peccato che un mese dopo la vittoria (italiana) al Mondiale del ’38, Gino Bartali andò a vincere anche il Tour. Tanto che Albert Lebrun, l’allora presidente della Repubblica commentò amaramente: «Ils gagnent tout, ces italiens». E per la moda? Milano o Parigi? Armani o Chanel, Hermès o Prada, Gucci o Dior? E se finisse tutto in una bolle di sapone? Meglio le bollicine: ma si brinda a champagne o con spumante? Quanto ai formaggi è la gara di sempre, loro dicono di averne 200 e noi almeno 201: meglio il gorgonzola o il bleu d’Auvergne? E le donne? Sembra non ci sia partita: Monsieur le President si è sposata un’italiana e l’attrice «francese» più celebrata è Monica Bellucci (anzi Belluccì). Giulio Cesare, che, nel De Bello Gallico raccontò la vittoria dei Romani sui Galli indispettì con quelle sue tre parole «Veni, vidi, vici», tanto che oggi Asterix e Obelix cercano di rifarsi in ogni film o fumetto pestando i centurioni romani.
Quanto all’altro lato del triangolo, la Germania, la questione si può riassumere nella seguente frase: «Die Deutschen lieben die Italiener, aber sie schätzen sie nicht. Die Italiener dagegen schätzen die Deutschen, aber sie lieben sie nicht». Tradotto: i tedeschi amano gli italiani, ma non li stimano. Gli italiani invece stimano i tedeschi, ma non li amano. Nei secoli XVIII e XIX schiere di germanici, sulle tracce di Goethe e della nostra cultura, visitarono il Paese del Sole, negli Anni ’50 le parole chiave divennero «sole, spiaggia, spaghetti e pizza».
Per i tedeschi l’italiano è spontaneo e simpatico, spensierato e pieno di vita e fantasia ma il quotidiano Bild ci ricorda ogni anno, all’inizio della stagione turistica, il numero dei furti d’auto a Rimini e riporta le ultime statistiche dei morti di mafia in Sicilia. Però se uno bravo come Schumacher deve guidare un’auto sceglie la Ferrari. Si è dovuto muovere il Goethe Institut per riscaldare le relazioni fra Italia e Germania. Con il progetto «Va Bene?! La Germania in italiano. Italien auf Deutsch» ha mobilitato infatti i giornalisti, opinionisti e vignettisti satirici dei due Paesi (anche Bruno Bozzetto ha realizzato un video ispirato agli stereotipi e ai pregiudizi tra Italia e Germania: dalle istituzioni alla spazzatura e al mammismo).


Peccato che, a quasi 35 anni di distanza dalla famosa copertina con la P38 sul piatto di spaghetti, il settimanale tedesco Der Spiegel sia tornato a dedicare la sua prima pagina all’Italia con un durissimo resoconto dal titolo: «Ciao bella! Il declino del più bel Paese del mondo». In copertina, al posto della pistola, questa volta un Berlusconi in versione gondoliere, circondato da due sirene seminude. Invidiosi del Canal Grande o delle donnine?

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