Lo sfogo della vedova Torregiani «Vada in carcere, deve pagare»

La moglie del gioielliere ucciso: «Non lo lascino scappare. Ha fatto la bella vita, io campo con 700 euro»

Lo sfogo della vedova Torregiani «Vada in carcere, deve pagare»

da Milano

Il colloquio avverrà fra qualche giorno: «Venerdì o sabato andrò al cimitero di Musocco da mio marito come faccio tutte le settimane. E gli dirò: “Pierluigi hai visto? Hai visto che tutto si mette a posto? Sei felice?”». La signora Elena si aggira nella penombra della cucina, si affaccia sull’unica stanza e chiama: «Bambi, Bambi? Ma dove si è cacciato il gatto?», poi si lascia andare sulla sedia. «Sì, anche se è sotto terra Pierluigi sarà contento perché alla fine i delinquenti pagano. Certo, speriamo che questa volta non lascino scappare questo Battisti. Che stia un po’ in carcere e faccia la vita che io faccio dal 16 febbraio 1979. Io quel giorno ho perso tutto: marito, famiglia, lavoro. La mia vita se n’è andata, ma almeno sappia cosa vuol dire faticare per portare un pezzo di pane alla bocca».
La sciarpa rossa, elegantemente portata come una collana, è il solo segno di un’antica civetteria. Dal 1994 la vedova dell’orefice ucciso dai Pac di Cesare Battisti vive in un condominio popolare, a Porta Vittoria. «Non vedo nessuno e nessuno si fa vedere. Scambio quattro chiacchiere con la mia vicina, la signora Lucia, vedova pure lei, e ogni tanto vado da mia sorella che abita non lontano. Poi sto sola, sempre sola, con Bambi. Pensi, Bambi assomiglia al gatto del presidente Berlusconi che ho visto in tv e anche a quello di Ratzinger. Parlo solo con Bambi e guardo la tv. Domenica pomeriggio ero incollata davanti a Rete 4 e all’improvviso sono stata trafitta da quelle parole: “Arrestato Cesare Battisti”. Sono rimasta sotto choc. Non me l’aspettavo, era passato così tanto tempo da quando era fuggito. Non ci speravo più. Invece l’hanno trovato. Sono contenta per mio marito Pierluigi e per Alberto che da allora è su una sedia a rotelle».
Alberto, Marisa e Anna. Li avevano adottati, Pierluigi ed Elena. «I loro genitori erano morti di malattia e mio marito, che era un uomo buonissimo, volle prenderli con noi. Furono anni meravigliosi, fino a quel giorno. Poi il destino girò dall’altra parte: il dolore per la morte di Pierluigi, il dolore quasi insostenibile nel vedere quel ragazzo che non poteva più stare in piedi e poi i debiti. Mi ritrovai al centro di un disastro: due miliardi di soldi, da dividere fra lo Stato e i creditori. Io non so bene quali debiti avesse mio marito, so che mi ritrovai a dover far fronte ad un’ondata di richieste. L’oreficeria di famiglia, alla Bovisa, fu venduta, anzi svenduta. Poi toccò alla villa di Ponte Tresa, non lontano dal confine con la Svizzera, infine all’appartamento di Milano in cui avevamo vissuto come in un presepe. Tutto finito».
Anche la famiglia, senza il suo perno, andò in pezzi: «Anna si sposò, Marisa si sposò, Alberto se ne andò per la sua difficile strada. Mi ritrovai sola: il dolore, le incomprensioni, la fatica, alla fine persi tutti e tre. Lo Stato ci aveva dato cento milioni, Alberto aveva avuto il suo, io ero sempre mezza strangolata dai debiti. Ci ho messo tanto, tantissimo tempo a recuperare un minimo di equilibrio».
La signora si alza, a fatica perché l’osteoporosi si fa sentire, entra in camera, guarda preoccupata sotto il letto: «Mi era parso di sentire Bambi. Ma no, dev’essere il temporale che si annuncia. Battisti ha fatto una bella vita, o almeno credo, fino ad oggi. Tutti quei proclami degli intellettuali, tutte quelle protezioni. Io tiro avanti con settecento euro al mese: la mia pensione di impiegata, la pensione di mio marito. È dura arrivare alla fine del mese. E infatti non ci arrivo proprio. Trecento euro per le spese, più ci sono le medicine perché non tutto quello che mi serve per combattere l’osteoporosi e l’artrite e per portare decorosamente i miei 72 anni, è gratis; poi i soldi per mangiare, i vestiti».
Spalanca gli occhi miti: «Avessi mille euro imbiancherei la casa. È così sporca, mi vergogno a riceverla qui, ma questo è tutto quello che ho». Dall’alto di una mensola, Pierluigi la ascolta sorridendo. «Domenica ho sentito tutti i tg fino a mezzanotte e tutti ripetevano che Battisti è stato preso. Sono andata a dormire, ma non ho chiuso occhio. Ero e sono scombussolata. In questa casa non succede mai niente, ora la tv mi ha portato questa notizia. Sì, le cose si mettono a posto. Sabato glielo dirò a Pierluigi. Glielo devo: a lui e ad Alberto che ha perso due volte il papà e due volte la mamma. La mia vita no, non cambia, sto bene così, con Bambi». Un grosso gatto compare guardingo e si appoggia allo stipite della porta: «Ah, eccolo. Finalmente.

Io non ho più nulla da chiedere e non importa che lo Stato non abbia mai bussato a questa porta, solo una cosa: potrebbero darmi qualcosina in più di pensione. Qualche euro, soltanto. Così potrei chiamare l’imbianchino».

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