Juve come si sta, là in testa? Come a casa sua, diranno gli inguaribili romantici del potere bianconero che fu. C’è voluto un settebello per tornarci e restarci almeno due giorni. Certo, sette vittorie di fila considerando le due di Champions contro il Real. Anzi, forse in quei due successi (il primo soprattutto) c’è la magia di questa ritrovata Signora omicidi. Il Genoa c’è rimasto male, si è ritrovato presto steso da due gol ed ha ricominciato a far di conto con le statistiche: da aprile non vince fuori casa, due pareggi e sei sconfitte. La Juve forse ha raccolto più di quanto abbia cercato: quattro gol e un bel carico da novanta da mettere sul piatto, in attesa di andare a Milano contro l’Inter.
Ma la sua forza è stata questa. Dopo mezz’ora che dire? Partita finita.
Meriti suoi e demeriti del Genoa nel conto del risultato. Juve capace di far fruttare tutto e subito, mentre la squadra di Gasperini non ha mai dimenticato la qualità del gioco, salvo dimenticare di tirare in porta o, quando l’ha fatto, non ha trovato benevolenza dallo stellone. Nei ricordi uno straordinario slalom di Milito, con tiro così sicuro da far tenere a tutti il fiato finchè il pallone non se l’è filata a lato. Eppoi quel tiro di Gasbarroni, che Marchionni ha fatto impennare sul palo. E il gol annullato a Milito, per un fuorigioco da occhi storti dell’arbitro. Il calcio quasi mai tradisce questi segnali. Voleva dire: serata di luna nera. E bravo chi riesce a cambiare la sorte.
Difficile contro una Juve più rinfrancata che bella.
Squadra che vince non si cambia, ed infatti Ranieri anche ieri sera è partito con Marchionni all’ala e la solita difesa. Nedved ripescato, Camoranesi in panca prima di entrare nella ripresa. Squadra un po’ gattona, pronta a dare la zampata appena l’effervescenza genoana lasciava varchi. Il Genoa non si è negato alla parte, peccato che la sua difesa si sia fatta tagliare a fette: esperienza, forza e qualità bianconere hanno sfruttato ogni centimetro lasciato dagli avversari. In questo senso i primi due gol sono stati in fotocopia: dopo 5 minuti Grygera si infila da destra. Chi guarda, dice: cosa fanno, lo lasciano andare? Risposta affermativa e il tiro a segno diventa più facile. Dopo 25 minuti, lungo cross di Marchionni e Amauri spizzica con tempismo, senza che le due comparse del centroarea gli tolgano tranquillità. Lasciar giocare la Juve con questi spazi è da autolesionisti. Ma il Genoa è troppo abituato a gestire il suo gioco, bello, veloce, ieri meno preciso del solito, forse un po’ troppo gazzosino sotto porta quando non ci mette piede Milito.
Ed, infatti, la storia della partita racconta che Molinaro ha rischiato il 3-0 nel primo tempo, se Criscito (il brivido è il mio mestiere) non avesse tolto palla dalla linea. E Palladino, ex juventino con voglia di mostrar qualità, ne ha fallito un altro all’inizio del secondo tempo.
Messo a punto il risultato, la Juve ha dovuto soltanto coltivare il ritrovato cinismo. Unico diversivo le punizioni di Del Piero che, ormai, sembra un giocatore di rubgy quando deve trasformare una meta: la gente tien fiato sospeso, accompagna l’attesa con sottofondo di ooooh! E lui si diverte a divertire. Ieri ha calciato perfino da 40 metri, neppure avesse il piede di Superman. Ma la punizione doc è diventata sfida nella sfida e nessuno si accorge più se, poi, lui si dedica a un lavoro perfino meno brillante, non avendo ispirazione feconda.
La terza rete bianconera conferma la tesi: allungo del Pinturiccho e Iaquinta, appena entrato, pronto a infilarsi nel vuoto difensivo genoano per segnare. La quarta va addebitata ad un autogol di Papastathopoulos.
Batosta perfin eccessiva per il Genoa, che ha rimediato soltanto il rigore finale (mani di Legrottaglie) segnato da Milito. Vero, le stelle genoane hanno guardato dall’altra parte. Ma la Juve oggi è una stella che brilla di luce propria. Inter avvisata...
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