Silvia Ronchey sulle tracce della vera Ipazia

Silvia Ronchey profonde in questo suo libro (Ipazia, Rizzoli, pagg. 318, euro 19) le qualità che ne fanno una figura rara tra i saggisti italiani di oggi. Da un lato, Silvia Ronchey è animata da un energico, brillante spirito di militanza culturale, con un occhio attento alla attualità e ai suoi aspetti meno ovvii e meno conformistici, quell’occhio acuto con il quale condusse, con Beppe Scaraffia, una delle più intelligenti trasmissioni culturali della Rai, L’altra edicola, che nessuno è più stato capace di resuscitare. Ma dall’altro lato, Silvia Ronchey è una studiosa di primordine, grecista, bizantinista, autrice e curatrice di volumi dottissimi.
I lettori di questo suo ultimo libro troveranno tutte le ragioni per le quali Ipazia, la filosofa di Alessandria d’Egitto massacrata dagli uomini del vescovo Cirillo quindici secoli fa, diventa oggi un simbolo formidabile di femminismo, laicità, libertà di pensiero e di parola contro ogni fanatismo religioso e ogni macchina del potere. La figura di Ipazia si erge contro oppressioni, lapidazioni, censure, prevaricazioni, discriminazioni che ancora oggi pesano sul mondo femminile. Esce dall’universo di nicchia del dibattito intellettuale per diventare una icona di dignità del sapere e di libertà dai dogmi che influenza anche il costume contemporaneo.
Ma ai lettori Ronchey offre anche una ricostruzione meticolosa oltre che affascinante della tragedia di questa donna-filosofo, condotta attraverso testi rari e di prima mano, e documentata storicamente con un arco molto ampio di posizioni. Dunque Ipazia, figlia di Teone, filosofo della scuola di Alessandria, segue il padre e man mano lo supera, eccellendo anche in campi come l’astronomia e la matematica, e sviluppando a sua volta doti eccelse nell’insegnamento. Sa parlare in modo fluente, è bravissima nella dialettica, e profonde i suoi discorsi nel cuore della città. Poco incline alla frivolezza, è nondimeno una donna bellissima, equilibrata e austera, ma anche capace di seduzione. Si racconta che a uno studente perdutamente innamorato di lei mostrò un giorno una pezza bagnata del suo sangue mestruale, per colpirlo e indurlo a passare dalla bassezza carnale dell’amore umano a quello spirituale.
Naturalmente una donna così non passa inosservata. Per i cristiani, come testimonia con i suoi scritti Giovanni di Nikiu, è piuttosto l’autrice di sortilegi, di inganni satanici. E trova come suo nemico implacabile il patriarca di Alessandria, quel Cirillo la cui santità suona davvero controversa. Prepotente, fanatico, innamorato del potere, Cirillo ha come suo obiettivo polemico l’establishment pagano, di cui Ipazia è figura preminente. Dopo un pogrom antiebraico e l’attacco al prefetto Oreste, Cirillo, mosso dall’invidia del vescovo verso il filosofo, dal sospetto del chierico verso la donna di mondo, ordina l’assassinio di Ipazia. Se ne incarica Pietro il Lettore, capo delle milizie fondamentaliste dei parabalani, eredi degli zeloti. Ipazia viene aggredita mentre torna a casa, trascinata giù dalla sua carrozza, spogliata, straziata con cento ferite. Ancora viva, le vengono cavati gli occhi. Poi il suo cadavere è fatto a brandelli e bruciato. Siamo di fronte a un delitto atroce, tanto più grave perché commesso in nome di una religione il cui fondatore ha predicato mitezza .
Cirillo ha il volto fosco dell’intolleranza spinta sino alla ferocia. Non ci stupisce quindi che la figura di Ipazia sia riscoperta, come Ronchey mostra in una interessantissima sezione del libro, dagli Illuministi e dai deisti settecenteschi, da Diderot a John Toland, per poi essere anche riletta da autori di matrice cristiana come Chateaubriand, Péguy o Barrés. E che sia diventata protagonista nei versi di poeti che vanno dalla dimenticata gentildonna romantica Diodata Saluzzo Roero, (autrice del celebre proclama anticlassicista «vate scorda gli Achei scorda le fole») sino al nostro grande Mario Luzi.
Un libro, dunque, che offre diversi piani di lettura, e tutti brillantemente risolti in una prosa saggistica chiara, capace di raccontare, di commentare e di prendere posizione.

Dovunque rispunti un Cirillo, dovrebbe essere citata l’obiezione solo apparentemente leggera che gli muove l’illuminista per eccellenza, Voltaire: «quando si spogliano nude le belle signore non è per massacrarle». E dovunque rispunti il fanatismo barbarico e maschilista, si deve essere, come conclude con una appassionata perorazione Silvia Ronchey, «dalla parte di Ipazia».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica