Silvio, Gianfranco e la lite sui biscotti

Dialogo «immaginario» tra i due fondatori del Pdl nelle vesti di soci di una pasticceria. «Io lavoro e tu parli con la concorrenza, vuoi farci chiudere?». «I nostri prodotti non hanno un’anima». «Ma la gente li compra»

Il più giovane apre la porta con uno scatto spazientito: «Dobbiamo parlare». «Ancora?». «Non si può più andare avanti così». «Cosa». «Fai tutto tu, decidi tutto tu, non mi avverti mai. Non conto. La vedi questa? (afferra una confezione con tanti cuoricini) Non è solo roba tua». L’altro lo guarda irritato. «Chiudi la porta. Fa corrente».
Questa è la storia di Silvio B. e Gianfranco F., due soci che un giorno hanno scoperto di non sopportarsi più. Qualche tempo fa hanno messo su un’azienda dolciaria specializzata in biscottini dell’amore. La politica? Non c’entra nulla. Litigano, come capita ovunque, da sempre. È una storia vecchia come Romolo e Remo, Simon and Garfunkel, Dolce&Gabbana. Si parte in due, poi non ci si trova più. Ecco il loro ultimo, ennesimo, incontro. E la solita discussione.
- «Che vuoi Gianfranco?».
- «Chi ha dato il permesso al distributore nordista di aprire altri punti vendita?».
- «Il commercialista».
- «Non ne sapevo nulla».
- «Lo ha chiesto a me».
- «Non mi hai avvertito».
- «Lo avrei fatto. Peccato che sei sempre in giro in giacca e cravatta con la scusa di fare l’uomo di rappresentanza. Quando c’è da lavorare non ci sei mai. Non ti sporchi le mani. Stai lì a cianciare di etica e buon gusto, parli solo di come sono buoni i biscotti francesi o tedeschi. Ripeti ogni giorno che i nostri ti fanno schifo. Troppo dolci, senza classe, troppo nostrani e la pubblicità è populista e i pasticcieri non ti piacciono. Se ti fanno schifo non mangiarli».
- «Io lavoro per il futuro».
Sbam. Silvio B. sbatte una mano aperta sul tavolo. Sa cosa rode nell’animo del suo socio. È l’età. Pensava che lui ancora qualche anno e si sarebbe accomodato ai giardinetti a fare il pensionato. Non sarà così. Dovrà sopportarlo a lungo. E poi chi dice che un giorno l’azienda sarà sua? Sono in tanti a sognarla: il commercialista, l’avvocato, il direttore generale che fa affari con i preti. Gianfranco ha troppa fretta. Non sa aspettare. Ogni volta che vede il commercialista salire in Lombardia si sente tradito.
- «Tu lavori per il futuro. A me tocca ogni volta conquistare i clienti di oggi uno a uno. Quanti sono i tuoi? Vuoi fare i conti?».
- «Silvio non serve che ogni volta mi ricordi quanto sei bravo a vendere. Ma un progetto, un grande progetto, con un futuro, non si fa solo accontentando i peggiori istinti dei clienti di oggi. Il consumatore va educato. I nostri biscotti non hanno anima. Non hanno identità. Non soddisfano i bisogni di nuovi mercati. Non diversifichiamo. Non facciamo cross over. Siamo statici, chiusi, conservatori».
- «Cazzate. Non è questo che ti preoccupa. Tu hai paura che il nostro concessionario al Nord si prenda tutto. Ma io mi fido più di loro che di te».
- «Fai male. Io non ti ho mai tradito. Quell’altro, il lùmbard, ti ha già fatto ruzzolare una volta. Ti sei dimenticato che ribaltone quindici anni fa?».
- «No, ma con lui ci siamo chiariti. Tu invece ogni volta che arriva qui la finanza ti illumini. Non ho ancora capito se stai davvero sperando che prima o poi ci facciano chiudere».
- «Non puoi dire questo».
- «Lo dico. Ti ho ascoltato. Ho sentito che sussurravi: indagate, indagate. Lo so che passi le giornate a parlare di scosse con quello con i baffetti, il maggior azionista dei nostri concorrenti, quelli dei biscotti della sfortuna. Tu, lui e quello dei «centrini» del mulino bianco. Io lavoro, tu chiacchieri con i nostri concorrenti. Poi vieni qui e ti lamenti».
- «Lavori? Tu fai solo i tuoi interessi».
- «Tu no?».
- «No. E non mi circondo di segretarie».
- «Gianfranco, hai rotto. Mi dici una volta per tutte che vuoi».
- «Questa è la lista di quello che non va. Se non cambi mi metto in proprio».
Qui comincia il dramma. Silvio non vuole liquidare Gianfranco. Deve essere lui ad andarsene. Senza soldi. Da traditore. Senza clienti. Andasse ad aprire un negozio dall’altra parte. Gianfranco prende tempo. Sta pensando di fare una linea tutta sua di biscottini, i biscottini Italia, quelli che piacciono alle generazioni future, una sorta di sottomarca. Per ora va bene così. Niente passi azzardati. È vero che deve rifarsi tutta la clientela. Creare nuovi consumatori. Ma ci vuole tempo. Tre anni almeno. Il guaio è che in azienda ormai ci sono occhi torvi e si bestemmiano a vista. I dipendenti assunti da Gianfranco stanno lì, lacerati, tra un vago senso di fedeltà al loro vecchio capo e il timore di avventure fallimentari. Litigano e si insultano: sei un leccaculo, sei un traditore. La maggior parte di loro ha fatto sapere, firmando qua e là, che se il biscottificio si spacca loro restano a casa madre. Gli altri minacciano di rivelare tutti i segreti, ingredienti compresi. Nessuno lavora. Si passa il tempo a contarsi. Come mai quello è andato di là? Cosa gli hanno promesso? Solo il commercialista passa il tempo a far quadrare i conti e pensa che prima o poi bisogna mettere fine a questo caravanserraglio. Non è tempo. Non è tempo. C’è da far crescere i negozi del Nord. In Lombardia, Veneto e Piemonte i «biscottini dell’amore» sono country leader. I bambini ci fanno colazione ogni mattina. Questo significa farsi un futuro ed è quello che Gianfranco non ha capito.
- «Silvio, questa mattina ho riunito i vertici dell’azienda e tutti i dipendenti».
- «Bravo Gianfranco. Ci annunci che te ne vai?».
- «Mai detto questo».
- «Mi sembrava di sì. Avrò capito male».
- «Dobbiamo decidere del nostro futuro».
- «Ancora?».
- «Non hai risposto a nessuna delle mie richieste».
- «Appunto».
- «E quindi?».
- «Quindi devi dirmelo tu».
- «Facciamo un documento».
- «Facciamo un documento. Dove si dice che?».
- «Che questa è un’azienda democratica».


- «Perfetto Gianfranco. Questa è un’azienda democratica».
- «Mmmmm».
Gianfranco se ne va. E pensa al suo futuro.
«Gianfranco. Gianfranco».
«Si, Silvio. Che c’è?».
«Chiudi la porta per favore che fa corrente».

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