L’incidenza della sindrome di burn-out, di cui sembra avesse sofferto Andreas Lubitz, il co-pilota ritenuto responsabile del disastro aereo della Germanwings, è maggiore nelle persone di età superiore ai 30-40 anni, non sposate e con livello culturale più elevato. È quanto evidenzia un recente studio della Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro della Sapienza Università di Roma e della Medicina Aeronautica e Spaziale del Centro Sperimentale Volo dell’Aeronautica Militare. Sebbene a oggi non esista una definizione del burn-out univocamente accettata - precisano gli esperti - accordandoci alla maggioranza degli autori che si sono occupati di questo tema si potrebbe definire il burn-out come una sindrome complessa a componente prevalentemente psichica, che si instaura come risposta a una condizione di stress lavorativo prolungato e che viene definita da tre dimensioni caratteristiche: l’esaurimento emotivo, la depersonalizzazione e la mancata realizzazione personale.
Eppure, evidenzia all’Adnkronos Salute Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, "guardando il profilo di questa persona, sembrava avesse ottenuto tutto quello che sognava. Ma è proprio questo che può mandare fuori strada: conosciamo il palcoscenico di una persona, non il dietro le quinte- il rischio di suicidio - deriva da un dialogo interiore, che va avanti per settimane, spesso mesi, e non è certo facile trovare la situazione ideale per togliersi la vita: forse questo pilota l’ha trovata all’improvviso, quando il comandante è uscito dalla cabina. Se questo si dovesse confermare un omicidio-suicidio, è certo che l’autore di questo gesto si trovava a un punto di non ritorno e non si rendeva conto della tragedia che si sarebbe portato dietro. Ho letto che aveva avuto un episodio di depressione alcuni anni fa, cosa che non porta per forza al suicidio, ma segnala una vulnerabilità importante nei soggetti che la sperimentano. Vulnerabilità che può passare totalmente inosservata, poi un qualsiasi evento può richiamarla".
Sempre secondo la ricerca italiana, molto importante è l’attitudine verso il lavoro: le persone che lavorano molto e duramente, perché hanno grosse aspettative nella loro professione, sia per la possibilità di successo e guadagno, sia perché vogliono rendere il loro lavoro sempre entusiasmante e soddisfacente, sono più a rischio di burn-out quando non vedono realizzare i propri progetti. Inoltre, in diverse ricerche è stato trovato che il burn-out ha una maggiore prevalenza in cinque settori occupazionali quali: docenza, servizi sociali, medicina, salute mentale e ambiente carcerario.
"Il burn-out - conclude Pompili - è un esaurimento psicofisico, una condizione di deperimento delle risorse che si hanno a disposizione, dovuta spesso a un dispendio esagerato rispetto alla possibilità di recuperare. Alcuni tipi di lavoro effettivamente hanno turni lesivi e questa sindrome può sicuramente andare a peggiorare una situazione psicologica già precaria".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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