La sinistra cavalca la piazza pure se è fondamentalista

D’Alema vuole puntare su Hamas e Fratelli Musulmani Ma sta solo chiudendo gli occhi sui rischi per l’Occidente

Se ci affacciamo sull’affresco delle rivoluzioni nel mondo islamico, in mezzo al sangue, ai messaggi su Google, ai cortei e all’orrore dei centinaia di morti in Libia, vediamo un panorama grande dal Marocco, all’Egitto, allo Yemen, al Bahrein e via ancora... e per fortuna risorge ieri l’Iran. Quanto nutrimento indigesto per la mente, quante pulsioni anche antagoniste. E qui fa specie che un osservatore esperto come l’ex primo ministro Massimo d’Alema nella sua intervista al Sole 24 ore ricalchi schemi cancellati dal tempo, in cui elezioni vogliono dire democrazia, democrazia vuole dire folla in marcia, folla in marcia vuol dire magnifico spettacolo. È un vizio tipico di una mentalità del genere «Stati generali» che viene condivisa da parecchia parte della sinistra e che porta a trovarsi spesso in compagnie scomode perché sovente una volta scesi dalle barricate i rivoluzionari si dimostrano pericolosi estremisti e persino terroristi.

In queste ore gli spettacoli più significativi sono due, oltre a quello dell’abnorme quantità di sangue sparso a Bengasi. Il primo lo dà lo sciabordio di due navi da guerra iraniane in rotta dal porto di Jedda in Arabia Saudita verso Tartus, un porto siriano, nel Mediterraneo. Passeranno attraverso il Canale di Suez. Attenzione, sono partite da Jedda. I sauditi hanno sempre frenato lo strapotere iraniano nel Medio Oriente, sono, con l’Egitto, la testa del potere sunnita di fronte alla aggressiva rivoluzione degli Ayatollah. Ed ecco che consentono agli iraniani di sostare a casa loro per intraprendere un’azione destabilizzante: portare delle navi che pare, secondo fonti israeliane, siano cariche di missili mare-mare e altre armi davanti alle coste di Israele e a quelle europee, nel Mediterraneo; e l’Egitto appena uscito dalla rivoluzione, l’altro grande potere sunnita che mai aveva lasciato passare una nave iraniana dal ’79, gli apre le porte. Per ora dunque la grande rivoluzione democratica fa crescere soprattutto il potere più antidemocratico e aggressivo del Medio Oriente, e anzi lo fa considerare, in assenza di un alleato fedele, dato che Obama non è più considerato tale, la nuova superpotenza con cui è obbligatorio allearsi, anche per evitare devastanti rivolte interne.

La seconda scena che la sinistra che inneggia alle piazze non ha considerato è quella del potentissimo sceicco 84enne Yusuf Al Qaradawi che, tornato trionfalmente dall’esilio, parla a una immensa folla in Piazza Tahrir simbolo della rivoluzione dei blogger. L’uomo di Google Wael Ghonim non ha potuto parlare mentre lo sceicco invitava alla Jihad, alla Sharia e a conquistare Gerusalemme. Guardiamo anche una scena solo apparentemente periferica, sulla porta del Golfo, la porta del Petrolio e di mille assetti strategici: nel Bahrein la minoranza sunnita filoccidentale al potere combatte una maggioranza sciita che fin dai tempi di Khomeini è stata sostenuta dall’Iran che ritiene sua l’isola.

Altrove: per evitare i risentimenti interni ormai in piazza, il primo ministro palestinese Salam Fayyad annuncia che Fatah dedicherà tutti i suoi sforzi a ricongiungersi con Hamas. In Libano Hassan Nasrallah annuncia una nuova guerra in cui certamente il Libano, dice, si prenderà la Galilea. Il mondo arabo produce grandi speranze e grandi preoccupazioni, è assurdo e antistorico considerare che qualcosa sia buona in sé e per sé solo perché si muove. Per esempio: le elezioni - la storia lo dimostra fin dai tempi della Germania nazista o del fascismo non necessariamente conducono alla democrazia. Sarebbe bello crederlo, ma lo sviluppo democratico ha norme molto più complicate. Come si può considerare il Libano un esempio di «evoluzione democratica», un Paese in cui il governo si è appena dimesso e ricostituito sotto minacce di morte, che non riesce neppure, sotto la minaccia delle armi degli Hezbollah, a prendere visione della sentenza raggiunta sull’assassinio di Hariri? È peccato davvero che D’Alema proprio nel momento in cui le rivoluzioni democratiche potrebbero svilupparsi, seguiti a immaginare che in quell’ambito possa essere utile un dialogo con Hamas, una forza terrorista e antisemita che ha nella sua carta la distruzione di Israele e la conquista di tutto l’Occidente, o che i Fratelli Musulmani possano immaginare davvero l’avvento di una società in cui non si impicchino gli omosessuali e non si picchino le donne. L’islamismo è estremista per motivi religiosi e politici, vive di questo, pensare che siamo capaci di trasformarlo legittimandolo è un’insana ambizione, che sostituisce il realismo responsabile.

Con lacrime e sudore l’Europa ha concepito l’idea dei diritti umani. Le masse in marcia non sono tutte uguali.

E infine, è un pensiero tipico di chi non deve confrontarsi con questioni di vita e di morte quello per cui Israele dovrebbe rallegrarsi della democrazia araba qualsiasi forza si affermi. Israele deve certo difendere la democrazia, ma innanzitutto deve salvare la propria vita ed è legittimo che si preoccupi dei nuovi convitati, che hanno già dichiarato intenzioni poco piacevoli.

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