Da circa cinque mesi una nuova terribile ondata di violenza si è scagliata su Aleppo, la città del nord della Siria che più di tutti sta pagando lo scotto della guerra. Una guerra che va avanti dal 2011 e che sembra destinata a non finire più. Gli attacchi delle fazioni ribelli si susseguono, così come gli scontri con le truppe lealiste. I bombardamenti e gli attentati nei diversi quartieri della città continuano a mietere migliaia di vittime tra i civili. “Ci sono morti praticamente ogni giorno: purtroppo è diventata una cosa normale e per questo non fa più notizia” racconta suor Maria Nazareth, missionaria argentina della Famiglia Religiosa del Verbo Incarnato, appena tornata in Italia per una breve pausa dalla sua missione nella città siriana. Ad Aleppo gestisce assieme ad altre due suore una residenza per universitari all’interno del vicariato apostolico latino della città. Ed è proprio a qualche isolato di distanza da qui e dalla vicina cattedrale del Bambin Gesù che si sono verificati nelle scorse settimane gli scontri più violenti tra ribelli ed esercito regolare. Scontri che a volte “sono proseguiti per intere notti”, racconta la suora, che quei momenti li conserva bene impressi nella memoria. “Ad Aleppo dopo la Settimana Santa la situazione è diventata molto difficile”, spiega, “ci sono stati molti tentativi da parte della Jabhat Al Nusra e delle varie fazioni dei ribelli di irrompere nella città, annunciati tramite volantini diffusi tra la cittadinanza e attraverso i proclami sui loro social network”. “I missili venivano lanciati sui nostri quartieri a qualunque ora, abbiamo vissuto segregati in casa, uscendo solo per urgenti necessità e guardando continuamente in alto per paura di essere colpiti” riporta la suora.
I quartieri abitati dai cristiani, racconta la religiosa, sono quelli dove si sono concentrati maggiormente gli attacchi. Decine di chiese sono state danneggiate, sequestri e uccisioni sono all’ordine del giorno e i cristiani di Aleppo sono ormai il bersaglio privilegiato dei gruppi islamici radicali. “Far conoscere il dramma che sta vivendo la comunità cristiana di Aleppo è fondamentale per noi, perché loro sono la parte più colpita in questo conflitto, specialmente i giovani. Tanti muoiono per strada, magari mentre stanno tornando a casa dall’università, colpiti dalle pallottole vaganti esplose dai cecchini. Franchi tiratori che sparano e uccidono soltanto per seminare il terrore”. “Solo la scorsa settimana sono morti così tre ragazzi”, racconta la religiosa. Le manifestazioni pubbliche della fede, preghiere o processioni, che prima potevano svolgersi liberamente, ormai sono interdette perché costituiscono un rischio per l’incolumità dei partecipanti. L’obiettivo, secondo molti, è quello di far sì che sempre più cristiani lascino il Paese, per preparare il terreno ad una radicalizzazione del conflitto interno all’Islam e facilitare l’affermazione dell’Islam radicale all’interno del futuro Stato siriano.
Intanto la tragedia umanitaria va avanti: molte persone hanno perso la casa, il lavoro o si sono ammalate per via della guerra. “Oltre al conforto spirituale cerchiamo di fornire assistenza materiale, per quanto il nostro aiuto è sempre limitato rispetto alle difficoltà sproporzionate che devono affrontare queste persone”, spiega suor Maria Nazareth. “Nella maggior parte delle case mancano acqua ed elettricità, anche per 20 giorni consecutivi, e lo scorso inverno, quando le temperature sono scese sotto lo zero, molte persone sono morte a causa della mancanza di combustibile per il riscaldamento”, prosegue. Gli aiuti umanitari sono scarsi e la realtà quotidiana è molto dura, spiega la religiosa: “anche se ci sforziamo di condurre un’esistenza normale, siamo costretti a programmare la vita in base a queste cose: se di notte arriva l’acqua, ad esempio, non si dorme e si approfitta per pulire la casa e per lavarsi”. I bambini non vengono risparmiati, anzi. Molti di loro sono presi di mira e hanno perso la vita negli attentati dei mesi scorsi nella città. Altri hanno subito gravi danni fisici per via delle esplosioni. “Vedere bambini mendicare per le strade, vittime dei racket, sfollati con i loro genitori, che soffrono la fame o che riempiono e trasportano grossi bidoni d'acqua fino alle loro case è diventato uno spettacolo normale ad Aleppo”, racconta la suora. “I bambini”, prosegue, “parlano fra loro solo di argomenti da adulti: a che ora danno l’acqua, quando verrà la luce. Sono indubbiamente quelli che soffrono di più questa situazione”.
“I siriani si sentono abbandonati dalla comunità internazionale” continua suor Maria Nazareth, “quello che vorremmo è una maggiore imparzialità e un aiuto concreto: che consiste anche nel non fornire armi ai gruppi ribelli, come pure ha sottolineato Papa Francesco. Per questo chiediamo a tutti gli attori coinvolti un compromesso serio e sincero per una pace vera e autentica”.
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